Ceviche a colazione... il mio primo libro!

27 agosto 2013

I medici cubani

Qualcuno ha per caso sentito parlare del caso dei medici cubani in giro per il mondo da parte dei nostri media ufficiali, troppo impegnati invero a spendersi per informare la gente che l'ennesimo suv guidato dall'ennesimo rumeno ubriaco ha ucciso l'ennesimo bambino?
Probabilmente no.
Anche nei siti italiani non si trova molto.
Per questo ho deciso di divulgare almeno il poco che c'è. Un articolo dal sito dell'associazione Italia-Cuba, un altro dall'archivio del Corriere della Sera, un altro ancora tratto dalla rivista brasileira 247, sul caso dei medici cubani in missione nelle favelas brasileiras e attaccati dalla stampa reazionaria.
Anche il mio amico Georges Bourdoukan se n'è occupato:

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Promosso dal nostro giornale (La Regione News, mensile diretto da Ivano Selli) e sostenuto e organizzato dalla Fondazione Santa Lucia e dall’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba un dibattito che ha trattato di esperienze, modalità e reciproche informazioni tra la sanità e la ricerca scientifica italiana e cubana

Due sistemi sanitari a confronto
di Tiziana Selli

Potremmo dire che Cuba rimane un paese dalle molte contraddizioni, ma sempre più facile da amare.

Uno dei suoi contrasti più palesi riguarda il Sistema Nazionale di Salute, figlio della riforma sanitaria avviata dal Leader Maximo nel 1959. Da un lato la meticolosità e l’efficienza di una medicina "umanizzata" (a Cuba c’è uno dei tassi di mortalità infantile più bassi del mondo), il decentramento delle strutture ospedaliere, l’enorme sforzo profuso per lo sviluppo delle biotecnologie, per la prevenzione e la vaccinazione. Dall’altro le nefaste conseguenze di un blocco commerciale che ha come diretta ripercussione la mancanza dei medicamenti di base. Nonostante le Nazioni Unite abbiano recentemente votato, con 167 voti a favore e 3 contrari, una mozione a favore della fine di questo blocco, gli Stati Uniti continuano a esercitare il loro diritto di veto.

Al di là delle considerazioni di carattere politico e "umano", è comunque evidente come l’organizzazione del Sistema Sanitario Cubano possa offrire idee e suggerimenti di particolare interesse. Partendo da queste considerazioni il nostro direttore ha lanciato l’idea di un convegno in cui si potessero confrontare il sistema sanitario italiano e quello cubano. Al suo appello hanno risposto l’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba, l’Istituto S. Lucia di Roma, le istituzioni regionali, provinciali e comunali del Lazio assieme a numerose personalità del mondo della medicina e della politica. A rappresentare Cuba, oltre all’Ambasciatrice Maria de Los Angeles, è stata invitata una donna dal cognome altisonante, ma che è soprattutto una pediatra, profonda conoscitrice della realtà sociale e sanitaria cubana: Aleida Guevara, figlia del "Che". Dal convegno abbiamo estratto le sintesi di alcuni interventi che qui vi proponiamo.

...insieme al nuovo sistema sanitario é stato necessario creare una mentalità nuova per i medici.

"Per capire il funzionamento del Sistema Sanitario Cubano è importante capire i motivi che lo hanno creato. Per questo faccio una rapida premessa storica che parte dal 1959, l’anno della Rivoluzione a Cuba.
Prima di allora, nella nostra isola, non esisteva alcun sistema sanitario, l’attività di prevenzione dei medici era praticamente nulla, i dati sulla mortalità infantile erano sconvolgenti. Dunque, uno dei motivi che portò il nostro popolo alla rivoluzione fu proprio il desiderio di un equo sistema di salute pubblica. Negli anni ‘60, tra gli immediati provvedimenti del Governo di Fidel Castro, vi fu la creazione di un Sistema Nazionale di Salute e di un Servizio Medico Rurale; si pensi, infatti, che i primi medici rivoluzionari combattevano nella Sierra Maestra assieme ai guerriglieri e, quando andarono al Governo, conoscevano benissimo la realtà sociale e sanitaria delle campagne e delle montagne.
Un altro dato riguarda le fortissime pressioni, da parte degli Stati Uniti, che abbiamo sempre dovuto subire, anche per ciò che concerne la gestione della sanità. Assieme al nuovo sistema sanitario bisognava, naturalmente, creare una nuova mentalità per i medici. Uno Stato socialista non può prescindere dalla completa gratuità delle prestazioni mediche, mentre fino al 1959 quasi tutti i medici di Cuba avevano esercitato la loro professione a pagamento e in consultori privati.
Dopo la Rivoluzione, più della metà dei 1200 medici presenti sul territorio cubano decisero di andare via e, chiaramente, il primo provvedimento governativo riguardò la formazione di nuovo personale sanitario. Vi basti pensare che a fronte delle 2 facoltà di Medicina che c’erano a Cuba nel 1959, oggi abbiamo ben 21 facoltà su tutta l’isola!
Si realizzarono poi delle grandi campagne di vaccinazione mentre prendeva il via il primo programma contro le malattie infettive. Vennero pure ridotti, in maniera drastica, i prezzi dei medicinali e si creò una rete di attenzione primaria alla salute, ovvero la costruzione di ospedali rurali, policlinici e presidi medici.
Negli anni ‘70 viene regolamentato il Modello di Medicina Comunitaria: l’amministrazione del servizio sanitario è decentrata ai governi provinciali e municipali, le facoltà di medicina vengono trasferite al Ministero della Salute Pubblica e la docenza medica giunge in tutte le province del Paese. Nel contempo si incrementa la produzione di medicinali e si lavora ai programmi di base riguardanti donne incinte, bambini e adulti. Un fatto importante riguarda la produzione di medicinali nazionali. Cuba, appartenendo all’area socialista, poteva acquistare dall’Unione Sovietica e dai paesi del Patto di Varsavia, le materie prime necessarie alla produzione di medicamenti.
Negli anni ‘80, poi, grazie all’acquisizione di nuove competenze tecnologiche, siamo stati in grado di creare nuovi medicinali e nuovi vaccini che hanno potuto essere venduti anche all’estero. Una tappa fondamentale per il nostro sistema sanitario è il 1984. Partendo da un’idea dello stesso Fidel Castro, comincia la sperimentazione del medico di base o medico di famiglia. Le stesse famiglie costruiscono gli alloggi per il medico e per gli infermieri. Medico e infermieri lavorano nel Consultorio del medico di famiglia, una struttura a disposizione di circa 120 famiglie (in media 600 persone) e che consente allo stesso medico di conoscere singolarmente le patologie e i rischi di ogni malato, di avere un quadro completo della situazione sanitaria del quartiere dove opera. In tal modo egli può fornire dati precisi ai livelli superiori di sanità.
Da questi dati possono partire ricerche specifiche sul perché, ad esempio, in una zona si verifichino più casi di infarto o di diabete piuttosto che in un’altra; si può anche stabilire quali medicine sono consumate in maggior misura in ogni zona del Paese e razionalizzare al meglio le forniture alle farmacie. Ogni consultorio dispone pure di un gruppo basico di lavoro che comprende lo psicologo, lo psichiatra, il sociologo e così via... così qualsiasi paziente che abbia bisogno di cure specialistiche non è costretto ad andare all’ospedale ma ha il medico specialista a propria disposizione direttamente nel Consultorio. In sintesi posso dire che il nostro Sistema Sanitario Nazionale si basa su tre principi fondamentali: la gratuità, l’universalità e l’accessibilità a tutti.
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Parlo adesso del bloqueo (blocco). In lingua spagnola è molto chiara la differenza tra bloqueo ed embargo. L’embargo si verificherebbe qualora gli Stati Uniti ci vietassero di commerciare con loro, il bloqueo degli USA, invece, impedisce a qualunque nazione di avere rapporti commerciali con Cuba! Dal 1965 al 1989 il Prodotto Interno Lordo di Cuba è cresciuto alla media del 3.1 % l’anno ma dopo il crollo dell’Unione Sovietica le cose sono cambiate; terminarono gli scambi commerciali con l’Europa dell’Est e nel 1993 il nostro PIL perse il 35 %, praticamente l’economia cubana si fermò.
Queste enormi conseguenze commerciali hanno riguardato e riguardano anche e soprattutto la sanità. La nostra capacità di spesa per le importazioni di prodotti per la salute è crollata da 227 a 80 milioni di dollari l’anno. Valga un esempio per tutti: gli Stati Uniti hanno imposto a qualunque azienda con capitali statunitensi di non avere alcun rapporto commerciale con Cuba e, per questo, siamo costretti a comprare il latte in polvere per i nostri bambini in Nuova Zelanda!
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Pur tra mille difficoltà la sanità del nostro Paese va avanti. Lavoriamo per migliorare ancora il sistema, promuoviamo la ricerca e la prevenzione, ci sforziamo, in mancanza di alcune materie prime, di trovare sempre nuove alternative farmacologiche, tanto da aver già integrato la medicina verde e l’omeopatia nel nostro Sistema Sanitario.
Alcune sostanze derivanti dalle piante possono benissimo sostituire i medicinali chimici. La sanità cubana persegue infine un carattere internazionalista. Abbiamo fondato una Scuola di Medicina Latino-Americana che offre ai giovani provenienti da tutto il continente la possibilità di studiare gratuitamente e di acquisire le competenze per l’esercizio della professione medica. A questi studenti chiediamo soltanto, dopo aver conseguito la laurea, di tornare nei Paesi d’origine per svolgere il loro servizio.
E poi c’è la riconosciuta valenza dei nostri medici: dal 1963 al 1999 più di 40.000 operatori sanitari cubani hanno esportato la loro esperienza in 83 nazioni; in questo momento abbiamo circa 2.200 medici sparsi per il mondo. Capite allora quali sono le nostre difficoltà ma anche gli aspetti positivi del nostro Sistema Nazionale di Salute. Un’ultima cosa che vorrei dire riguarda la grande solidarietà e gli aiuti che, soprattutto negli ultimi anni, ci sono giunti da tantissimi popoli del mondo: in prima fila c’è sempre stato quello italiano."
...avere uno specialista sul territorio rappresenta un fatto straordinario
"Ho avuto occasione di visitare recentemente Cuba, nel corso di un viaggio istituzionale. Il loro Servizio Sanitario Nazionale deve far fronte a molte difficoltà tra le quali c’è la necessità di ammodernare la rete ospedaliera, dal punto di vista strutturale e tecnologico. Penso, poi, alla questione ambientale: in un paese con il tasso di inquinamento così elevato come quello di Cuba è evidente la grande incidenza che ha sulle malattie respiratorie, sia per i bambini che per gli adulti. Ma, oltre a questi elementi negativi ce ne sono altri che voglio sottolineare come positivi. Intanto, il ruolo forte che ricopre, nel sistema cubano, il medico di base o medico di famiglia.
Avere uno specialista che gestisce completamente la sanità territoriale, la prevenzione e gli screening, è un fatto straordinario. Ne ho fatto un confronto con il sistema sanitario italiano, in cui la componente territoriale è fortemente arretrata rispetto a quella ospedaliera e dove quasi il 60 % delle risorse sono destinate all’ospedale, a fronte di un 38 % per il territorio, quando invece le due percentuali dovrebbero essere equivalenti. La diversa organizzazione del sistema sanitario cubano, dunque, può e deve farci riflettere sull’importanza di un riequilibrio della destinazione delle risorse, soprattutto per quanto riguarda quelle per il territorio e la prevenzione.
Un altro aspetto che mi ha molto colpito, visitando un centro di riabilitazione per i bambini di La Habana, è l’umanizzazione della medicina cubana. I piccoli degenti affrontavano il percorso di riabilitazione a strettissimo contatto con i familiari e con il personale medico: davvero uno splendido esempio di umanizzazione della sanità pubblica!
Infine, un elemento che mi riguarda non solo dal punto di vista politico ma anche da quello professionale. A La Habana ho trovato più di 350 specialisti in fisiatria, mentre a Roma i fisiatri sono una cinquantina (un fisiatra ogni 6.500 abitanti nella capitale cubana, un fisiatra ogni 50.000 abitanti a Roma).
Il loro sistema sanitario, dunque, si concentra con particolare attenzione non soltanto nella prevenzione ma anche nella riabilitazione e questo è un dato che non deve lasciarci indifferenti. Stesso discorso valga per la medicina non convenzionale anch’essa in forte sviluppo. In Italia, invece, siamo un po’ vittime della medicina tecnologica. Se per i livelli essenziali di assistenza il Governo Nazionale ha escluso tutte le medicine non convenzionali (agopuntura, omeopatia ecc ..), allora è necessario, anche in questo campo, aprire una discussione seria; personalmente, osservando la realtà di Cuba, ho avuto l’impressione che lo sviluppo di queste medicine alternative possa dare risultati soddisfacenti."
...abbiamo siglato una collaborazione per un progetto presentato all’UE
"La trasferta della Dottoressa Aleida Guevara in Italia risponde, per così dire, al viaggio che una delegazione dell’Istituto S. Lucia ha fatto, qualche tempo fa, a Cuba. L’idea fu di Ivano Selli e devo dire che da quella proficua esperienza, assieme a quest’ulteriore confronto, il nostro istituto sta traendo degli spunti molto interessanti che potranno essere recepiti anche da altre realtà sanitarie. Ho avuto l’occasione di visitare alcune strutture sanitarie cubane e, riferendomi in particolare ai centri di riabilitazione, sono certo che il confronto con i colleghi d’oltreoceano possa essere molto produttivo. Abbiamo, inoltre, già firmato una convenzione di collaborazione scientifica con Cuba che ci ha portato alla presentazione di un importante progetto di riabilitazione neurologica finanziato dall’Unione Europea.
Al di là dell’arretratezza in cui, purtroppo, versano alcuni settori della medicina cubana, il loro sistema nazionale di sanità può godere di un eccellente livello di umanizzazione. Le migliori apparecchiature, infatti, non servono a nulla se non si riesce a instaurare un buon rapporto tra paziente e personale medico e paramedico. Visitando l’Istituto diretto da Aleida Guevara, ci siamo resi conto di come, a Cuba, l’umanizzazione della medicina sia una realtà perfettamente funzionante; per questo la collaborazione tra i nostri due popoli può rappresentare una grande occasione di arricchimento umano e professionale."
...la formazione degli operatori sanitari a Cuba merita la massima attenzione
"Il confronto tra i due sistemi sanitari, quello di Cuba e quello italiano, può rappresentare, a mio avviso, un oggettivo elemento di arricchimento reciproco.
In Italia la prima sfida che il sistema sanitario deve affrontare riguarda la formazione. C’è un’impellente e assoluta necessità di adeguare i nostri medici ai nuovi percorsi diagnostici e terapeutici; a proposito di questo, gli enormi sforzi che vengono compiuti da Cuba per la formazione degli operatori sanitari meritano la massima attenzione.
Un altro punto di fondamentale importanza riguarda la ricerca, cioè lo strumento con cui si incide direttamente sulla salute dei cittadini. Possiamo fare molti esempi a proposito della ricerca: in Italia, così come in tutto il mondo, la mortalità per malattie tumorali e AIDS è in costante diminuzione da quando sono stati introdotti nuovi farmaci e nuovi metodi di cura. Anche in questo caso, pur dovendo fare i conti con enormi limiti economici e strutturali, Cuba profonde i massimi sforzi per investire nella ricerca. E non voglio dimenticare la prevenzione: quello che si fa a Cuba per la prevenzione è veramente importante. In Italia, sfortunatamente, ci dobbiamo confrontare con una medicina ancora basata sull’impostazione terapeutica piuttosto che sull’impostazione preventiva e questo è un limite. Le esperienze di altri sistemi sanitari e il confronto con essi, come è avvenuto in questo convegno, possono essere utili al superamento di questo limite." 

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IL CASO: I DOTTORI IMPEGNATI IN ALTRI PAESI VENGONO AIUTATI A FUGGIRE NEGLI STATI UNITI. FINORA OLTRE 1.500 DEFEZIONI

Così gli americani strappano a Fidel i medici cubani all'estero(16 gennaio 2011) - Corriere della Sera - Olimpio Guido

WASHINGTON - Cuba va fiera della sua Sanità ed esporta medici. Oltre 37 mila tra dottori e infermieri cubani lavorano in 77 Paesi, Italia compresa. Per il regime è la prova di un impegno al fianco dei deboli che produce anche vantaggi economici. Il Venezuela, ad esempio, paga con importanti forniture di petrolio. I nemici di Fidel, invece, la osservano con sospetto, quasi una quinta colonna castrista. E dal 2006 la «colonia» è diventata il bersaglio di una campagna per favorire la fuga dei medici negli Stati Uniti. Un' operazione organizzata con azioni di intelligence che - secondo il Wall Street Journal - ha spinto 1.574 cubani a fare il grande salto. Mente del piano - conosciuto come Cuban Medical Professional Parole (CMPP) - è un ex funzionario dell'Immigrazione Usa, Emilio González. Colonnello, con un passato nei servizi di spionaggio dell' Us Army, pluridecorato, appartiene ad una famiglia di esuli cubani scappati in Florida. Per González l' invio di medici all'estero non ha nulla di positivo: è «un traffico di esseri umani sponsorizzati da uno Stato», sostiene. La pensano diversamente quelle popolazioni - come ad Haiti - che hanno beneficiato dell' assistenza sanitaria. Per dottori e infermieri andare all'estero non è solo un impegno di solidarietà (retribuita) ma anche un modo per migliorare le proprie condizioni economiche. Lo stipendio aumenta in modo sensibile - sale a circa 300 dollari - ma se ti va proprio bene puoi arrivare ai 1.000, una fortuna rispetto ai 50 dollari che avresti ricevuto in patria. Inoltre, una volta all'estero, il cubano arrotonda. In alcuni Paesi può acquistare prodotti e beni che rivende a Cuba. In Medio Oriente, poi, alcuni dottori eseguono aborti «segreti»: interventi che porterebbero nelle loro tasche somme considerevoli. Dunque, non è una sorpresa che ci sia una vera gara per essere inseriti nei programmi all' estero. Una volta in missione, i medici devono consegnare il loro passaporto all' ambasciata cubana che è responsabile dei movimenti e della sicurezza. Inoltre sono «invitati» a dotarsi di un cellulare in modo da essere sempre rintracciabili. Ed è ciò che ha fatto Felix Ramírez, un medico partito per il Gambia. Con una variante. Il cubano si è comprato un secondo telefonino che ha usato per organizzare la sua fuga. Ramírez, che oggi vive e lavora negli Usa, ha raccontato di essere partito per l' Africa con l' obiettivo di sfruttare il programma americano. E, con pazienza, ha preparato la sua fuga. Una volta a Bangui ha cercato in un Internet Café il numero di telefono dell' ambasciata statunitense. Poi ha stabilito un contatto con un diplomatico che gli ha dato appuntamento in un mercato popolare. Era il settembre del 2008. Nove mesi dopo Ramírez era a Miami. Una meta raggiunta per tappe, con l' aiuto degli americani e di un trafficante di uomini, che gli ha permesso di arrivare prima in Senegal, poi in Spagna e, infine, in Florida. Con lui altri 5 colleghi provenienti anch'essi dal Gambia. L' esperienza di Ramírez è stata imitata, dal 2006, da molti dottori allettati dall'offerta statunitense. In una lista ottenuta dal Wall Street Journal si precisa che la maggioranza dei transfughi - 824 - sono arrivati dal Venezuela. Una scelta con un prezzo personale da pagare. Tanti sono stati costretti ad abbandonare le loro famiglie a Cuba. Felix Ramírez non sa quando potrà vedere la moglie - nel frattempo licenziata - e il figlio nato poco dopo la sua partenza per l' Africa.
Il sistema sanitario cubano, fiore all'occhiello del regime castrista, è interamente gestito dal governo Da esportazione In 50 anni Cuba ha inviato nel mondo 185 mila operatori. Oggi 37 mila medici e infermieri lavorano in 77 Paesi.

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O QUE NÃO SE DIZ SOBRE OS MÉDICOS CUBANOS

24 de Agosto de 2013 – Brasil 247


247 - Profundo conhecedor da realidade de Cuba e membro do núcleo de estudos cubanos da Universidade de Brasília, o jornalista Hélio Doyle produziu diversas análises técnicas, e sem ranço ideológico, sobre a importação de 4 mil profissionais pelo governo brasileiro.

Os textos foram cedidos ao 247 e permitem uma maior compreensão sobre um tema que tem gerado tanto debate. Leia abaixo seus artigos:
O QUE NÃO SE DIZ SOBRE OS MÉDICOS CUBANOS
A grande imprensa brasileira, que nos últimos anos exacerbou, por incompetência e ideologia, a superficialidade que sempre a caracterizou, tem sido coerente ao tratar da vinda de quatro mil médicos cubanos: limita-se a noticiar o fato e reproduzir as críticas das associações corporativas de médicos e dos políticos oposicionistas. Mantém-se fiel à superficialidade que é sua marca, acrescida de forte conteúdo ideológico conservador e de direita.
Não conta, por exemplo, que médicos cubanos já trabalharam no Brasil, atendendo a comunidades pobres e distantes nos estados de Tocantins, Roraima e Amapá. Não houve nenhuma reclamação quanto à qualidade desse atendimento e nenhum problema com o conhecimento restrito da língua portuguesa. Os médicos cubanos tiveram de deixar o Brasil por pressão do corporativismo médico brasileiro – liderado por doutores que gostam de trabalhar em clínicas privadas e nas grandes cidades.
A grande imprensa não conta também que há mais de 30 mil médicos cubanos trabalhando em 69 países da América Latina, da África, da Ásia e da Oceania, lidando com pessoas que falam inglês, francês, português e dialetos locais. Só no Haiti, onde a população fala francês e o dialeto creole, há 1.200 médicos cubanos – que sustentam o sistema de saúde daquele país e, como profissionais com alto nível de educação formal, aprendem rapidamente línguas estrangeiras.
O professor John Kirk, da Universidade Dalhousie, no Canadá, estudou a participação de equipes de saúde de Cuba em vários países e é dele a frase seguinte: “A contribuição de Cuba, como ocorre agora no Haiti, é o maior segredo do mundo. Eles são pouco mencionados, mesmo fazendo muito do trabalho pesado”. Segredo porque a imprensa internacional – especialmente a estadunidense — não gosta de falar do assunto.
Kirk contesta o argumento de que os médicos cubanos que atendem as comunidades pobres em vários países não são eficientes por não dominar as últimas tecnologias médicas: “A abordagem high-tech para as necessidades de saúde em Londres e Toronto é irrelevante para milhões de pessoas no Terceiro Mundo que estão vivendo na pobreza. É fácil ficar de fora e criticar a qualidade, mas se você está vivendo em algum lugar sem médicos, ficaria feliz quando chegasse algum”.
O problema dos que contestam a vinda de médicos estrangeiros e, em especial dos cubanos, é que as pessoas que passam anos ou toda a vida sem ver um médico ficarão muito felizes quando receberem a atenção que os corporativistas do Brasil lhes negam e tentam impedir.
SOCIALISMO E GUERRA FRIA
Duas informações referentes à vinda de médicos cubanos para o Brasil e que podem ser úteis aos que querem ir além do que diz a grande imprensa:
- Cuba é um país socialista e por isso, gostemos ou não, as coisas não funcionam exatamente como em um país capitalista. Como é um país socialista, há a preocupação de manter baixos os índices de desigualdade econômica e social. Por isso nenhuma empresa ou governo estrangeiro contrata trabalhadores cubanos diretamente, em Cuba ou no exterior (nesse caso quando a contratação é resultado de um acordo entre estados). Todos são contratados por empresas estatais que recebem do contratante estrangeiro e pagam os salários aos trabalhadores, sem grande discrepância em relação ao que recebem os que trabalham em empresas ou organismos cubanos. Os médicos que trabalham no exterior recebem mais do que os que trabalham em Cuba. Mas algo como nem muito que seja um desincentivo aos que ficam, nem tão pouco que não incentive os que saem.
- O governo dos Estados Unidos tem um programa especial para atrair médicos cubanos que trabalham no exterior. Eles são procurados por funcionários estadunidenses e lhes são oferecidas inúmeras vantagens para “desertar”, como visto de entrada, passagem gratuita, permissão de trabalho e dispensa de formalidades para exercer a atividade. Os que atuam na América Latina são os mais procurados e uma condição para serem aceitos no programa é que critiquem o sistema político cubano e digam que os médicos no exterior são oprimidos e mantidos quase como escravos. Os que aceitam as ofertas dos Estados Unidos, os que emigram para outros países ou ficam no país que os recebe depois de terminado o contrato representam cerca de 3% dos efetivos.  No Brasil, mantida essa média, pode-se esperar que até 120 dos quatro mil médicos cubanos “desertem”.
UM SISTEMA IRREAL
A citação a seguir é do New England Journal of Medicine: “O sistema de saúde cubano parece irreal. Há muitos médicos. Todo mundo tem um médico de família. Tudo é gratuito, totalmente gratuito. Apesar do fato de que Cuba dispõe de recursos limitados, seu sistema de saúde resolveu problemas que o nosso [dos EUA] não conseguiu resolver ainda. Cuba dispõe agora do dobro de médicos por habitante do que os EUA”.
Menções elogiosas ao sistema de saúde cubano e a seus profissionais são frequentes em publicações especializadas e ditas por autoridades médicas e organizações internacionais, como a Organização Mundial de Saúde, a Organização Panamericana de Saúde e o Unicef. Mas mesmo assim, querendo negar a realidade, médicos e políticos brasileiros insistem em negar o óbvio, chegando ao absurdo de dizer que nossa população está correndo riscos ao ser atendida pelos cubanos.
Para começar, os indicadores de saúde em Cuba são os melhores da América Latina e estão à frente dos de muitos países desenvolvidos. A mortalidade infantil, por exemplo (4,8 por mil), é menor do que a dos Estados Unidos. Aliás, para os que gostam de dizer que Cuba estava melhor antes da revolução de 1959, naquela época era de 60 por mil. A expectativa de vida dos cubanos é também elevada: 78,8 anos.
Outro aliás quanto aos saudosistas: em 1959, Cuba tinha seis mil médicos, sendo que três mil correram para os Estados Unidos quando viram que não haveria mais lugar para o sistema privado de saúde e que os doutores elitistas e da elite perderiam seus privilégios. Hoje tem 78 mil médicos, um para cada 150 habitantes, uma das melhores médias do mundo. Isso permite a Cuba manter mais de 30 mil médicos no exterior. Desde 1962, médicos cubanos já estiveram trabalhando em 102 países.
Em 2012 formaram-se em Cuba 5.315 médicos cubanos em 25 faculdades públicas e 5.694 estrangeiros, que estudam de graça na Escola Latino-americana de Medicina (Elam). A Elam recebe estudantes de 116 países, inclusive dos Estados Unidos, e já formou 24 mil estrangeiros.
Os médicos cubanos se formam após seis anos de graduação, incluindo um de internato, e mais três ou quatro anos de especialização. Os generalistas, que atendem no sistema Médico da Família (um médico e um enfermeiro para 150 a 200 famílias, e que moram na comunidade que atendem) são preparados para atuar em clínica geral, pediatria, ginecologia-obstetrícia e fazer pequenas cirurgias.
Dos quatro mil médicos que vêm para o Brasil, todos têm especialização em medicina de família, 42% já trabalharam em pelo menos dois países e 84% têm mais de 16 anos de atividade. Grande parte já atuou em países de língua portuguesa, na África e em Timor-Leste. Foi em Timor, a propósito, que ocorreu o fato seguinte: o embaixador estadunidense exigiu do então presidente Xanana Gusmão que expulsasse os médicos cubanos. Xanana perguntou quantos médicos dos Estados Unidos havia no Timor-Leste e quantos o país mandaria para substituir os mais de duzentos cubanos que estavam lá. Diante da resposta, de que havia apenas um, que atendia os diplomatas norte-americanos, e que não viria mais nenhum, Xanana, simplesmente, disse que os cubanos ficariam. E estão lá até hoje. Falando português.

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Ne consegue una sola riflessione logica: c'è un impero del male, che non è quello stigmatizzato dalla propaganda USA, al contrario. E c'è un piccolo paese che resiste dal 1959 e dà l'esempio al mondo intero. Pur tra mille contraddizioni e comprensibili e molto umane debolezze.

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