Ho detto festa di Natale: dovrei precisare festa di Babbo Natale invero, non certo di Gesù!
La Coca-Cola s’è “inventata” questo personaggio, in realtà “rubandolo” al folklore nordeuropeo, che a sua volta deve Santa Klaus al San Nicolao di Myra della tradizione cristiana orientale, ecc. ecc. (più o meno sappiamo tutti la storia!), e ormai dobbiamo rassegnarci ad avere Babbo Natale tra i miti più diffusi e presenti nella nostra civiltà contemporanea consumista, non solo occidentale!
Certo, Babbo Natale ha usurpato la festa di Gesù bambino!
E non mi venite a dire che non è vero! Al massimo posso accettare il fatto che i due personaggi condividano la festa, tuttavia faccio rilevare a tutti che in ogni caso i bambini, e non solo loro, alla mezzanotte del 24 dicembre non “aspettano” Gesù bambino, bensì Babbo Natale. E credo persino di dire un’ovvietà!
D’altronde il 25 dicembre non è di sicuro il giorno in cui il tal Gesù dev’essere nato.
Questa datazione la dobbiamo sicuramente a Costantino, quando ha di fatto reso il cristianesimo la religione di stato romana, e infatti in quel giorno prima si festeggiavano il Deus Sol Invictus, culto imperiale romano, nonché i più tradizionali e antichi Saturnalia (in verità diluiti in più giorni, a partire dal solstizio d’inverno).
Insomma, il giorno vero della nascita di Gesù penso (e non certo solo io) che non lo sapremo mai.
Ma qui sta il punto: è esistito davvero Gesù?
Gesù è senza dubbio il personaggio su cui si son versati più fiumi d’inchiostro, pittura (e pellicole), nonché sangue, quantomeno negli ultimi duemila anni, ma probabilmente in tutti i tempi.
Su di lui, o meglio sul suo nome, tuttora son pronti a giurare e spergiurare (nonché commettere qualcosa di peggio) milioni di persone, i cosiddetti fedeli, delle varie confessioni cristiane, tra cui ancora primeggia comunque la Chiesa Cattolica.
La cosa che ho sempre trovato “curiosa” è che lui stesso, se dobbiamo dar retta a Matteo (24: 4-5), ha messo in guardia i seguaci contro i molti che sarebbero venuti nel suo nome, con tutto ciò (e qui chiaramente mi ricollego al mio precedente post sulle religioni), la storia delle chiese cristiane è una storia di personaggi più o meno loschi che si sono da sempre arrogati (e continuano a farlo) il diritto a rappresentare Cristo in Terra!
Ma torniamo all’assunto di fondo.
Quando ai miei alunni spiego la nascita del cristianesimo dico loro che, come ogni religione, va affrontata alla maniera cartesiana (o meglio di Averroè, secondo la tesi già esposta nel Tahafut al-tahafut molto prima di Cartesio), con l’occhio dello storico ben distinto da quello del fedele!
Si tratta di un’operazione per la quale un tempo, in Italia e in Occidente in genere, si rischiava seriamente la vita. Ancora oggi, comunque, il rischio che qualche fanatico ti spari in testa non è poi così remoto, senza dimenticare che nei paesi islamici applicare tale procedimento a Maometto, per esempio, vuol dire crearsi dei guai serissimi (Salman Rushdie e tanti altri docent).
In ogni caso, se affrontiamo la vicenda della nascita del cristianesimo con metodo storico, non possiamo fare a meno di rilevare che il Gesù propagandato dalla Chiesa cristiana per tanti secoli NON È MAI ESISTITO!!!
Infatti, già da tempo peraltro, gli storici hanno chiarito per esempio, sulla sola base dei vangeli canonici, che Gesù dovrebbe essere nato il 6 o il 4 a.C. e morto giustiziato nell’aprile del 30 d.C., al tempo della pasqua ebraica, come si sa.
Ciò però vuol dire che il Gesù trentatreenne crocifisso il 33 d.C. sancito categoricamente dalla Chiesa è appunto una bufala!
Dettagli cronologici irrilevanti, direte voi!
E no! Perché in realtà dal punto di vista di un fedele l’età d Cristo è un vero e proprio dogma e come tale indiscutibile, non fosse altro perché è numero multiplo della Trinità.
Se poi si aggiunge che questa età, 33 anni, ha un “valore aggiunto” nell’immaginario collettivo dei fedeli paleocristiani, allora si può spiegare perché la Chiesa ci ha tenuto tanto a fare in modo che “Gesù fosse crocifisso proprio a 33 anni”.
Non credo infatti che siano in molti ad aver notato il fatto che al’età di 33 anni sono invece sicuramente morti due personaggi molto popolari tra il popolino romano e gli schiavi, gli stessi tra cui appunto si diffonderà la religione cristiana.
Si tratta di Alessandro Magno, morto appunto a 33 anni compiuti o quasi per compiere il 10 giugno del 323 a.C. e Spartaco, morto alla stessa età combattendo contro Roma, specificatamente contro Crasso, in Lucania nel 71 a.C.
Che c’entrano, direte voi?
C’entrano, perché, come ho detto, si trattava di due autentici mitici “eroi” dei poveracci, l’uno perché era considerato quasi un superuomo (si usavano medaglioni con la sua effige come veri e propri amuleti) che aveva conquistato il mondo (il mito di Alessandro è tuttora vivo anche in Oriente, specie nel mondo iranico: il grande poeta persiano Nizâmî, nel XII sec., vi aveva dedicato una famosa opera, l’Eskandarname), ma che soprattutto aveva tentato di creare un regno in cui tutti i sudditi fossero eguali (non è proprio così: in realtà voleva applicare a Greci e Macedoni il sistema orientale del “Sovrano Universale”, che è cosa diversa, ma il mito, si sa, trasforma tutto). L’altro, per giunta vissuto appena 130 anni prima della diffusione del cristianesimo a Roma, era appunto ancora caro nel ricordo in particolar modo degli schiavi, per cui era considerato un vero e proprio martire, dal momento che aveva guidato una famosa rivolta servile che ha fatto seriamente preoccupare il Senato e che è giustamente considerata uno degli episodi che hanno favorito la fine della Respublica soppiantata dal principato.
Se poi, come sanno tutti quelli che hanno visto il celebre film di Kubrik (tratto dal romanzo di Howard Fast), aggiungiamo che si credeva che Spartaco fosse anche lui, prima di Cristo, morto sulla croce, allora non si può fare a meno di dedurre che per il popolino, semplice, ma bramoso di speranze e di fede in un futuro migliore per poter andare avanti, vessato com’era dai domini arroganti e violenti, quel Cristo di cui parlavano i predicatori giudei, Pietro e Paolo, doveva essere una sorta di riedizione del loro mito.
In realtà le fonti ci dicono che il corpo di Spartaco non fu mai ritrovato dopo la battaglia finale presso il fiume Sele, quindi non si ha la prova che sia stato tra quei 6000 (!) schiavi prigionieri che Crasso ha fatto crocifiggere lungo la via Appia tra Capua e Roma a solenne e orribile monito contro ulteriori velleità di ribellione degli schiavi!
Ma ovviamente la suggestione deve essere stata forte!
A maggior ragione va quindi ribadito che l’età ufficiale di Cristo, al momento della morte, deve essere stata influenzata da quella, reale, di questi due personaggi tanto popolari!
E qui s’innesta però la questione fondamentale!
Il cristianesimo, quello che poi prevalse, a quell’epoca e in quel determinato luogo, cioè intorno al 60 d.C. a Roma soprattutto, ma anche nelle principali metropoli dell’impero, era già qualcosa di molto diverso rispetto all’originale. Si era già affermata la cosiddetta svolta paulina, come la chiamano gli storici.
Saul di Tarso, cioè, noto anche con il nome romano di Paolo (era infatti un civis, un cittadino romano), aveva fatto “uscire” il nuovo credo dai ristretti confini dell’ebraismo, dove era sorto e aveva avuto un preciso senso, per farla diventare una religione per tutti, anche e soprattutto per i goyim, i gentili, cioè i non ebrei dell’impero, specie i diseredati, gli schiavi, i vessati: quanti cioè volevano riscatto e dignità, nonché potere.
I “sovversivi”, insomma: quanti aspiravano a cambiare la sovrastruttura dell’impero, processo che ebbe finalmente successo, dopo intenso conflitto, nel IV secolo grazie a Costantino appunto, laddove peraltro gli strascichi di tale conflitto sono durati ancora a lungo.
A questo punto non riesco proprio a fare a meno di inserire il testo di una irriverente vecchia canzone del famoso gruppo hardcore punk americano dei Dead Kenendys:
Jesus Was A Terrorist
Jesus was a terrorist
Enemy of the state
That's what the Romans labeled him
So he was put to death
He died for his beliefs
What's changed today?
Today bible-thumping cannibals
Reap money from his name
Buy cable networks & power
With old ladies' checks
If Jesus saw Pat Robertson
What do you think he'd say?
Tax-free they re-write our laws
And sick 'em on you
Women don't control their bodies
TV preachers do
Censor everything from bathing suits
To science books
From the schoolroom to the bedroom
They want our thoughts - or else
They treat us like the Romans
Used to treat the Christians
Even some churchgoing folks are scared
Modern catacombs of fear
Built with money, power and threats
Rock'n'roll is labeled porn
Sell a record, you're under arrest
Instead of fighting AIDS
They try to stop us having sex
They brag that they won't quit
Til they take dominion over our lives
Is freedom of speech such a terrorist act
Is spiritual peace such a satanic threat
Believe what you want
But we'll fight to keep
Out heads from being cemented in your sand.
Hehehe… non sono riuscito a resistere alla tentazione perché il testo è assolutamente in sintonia con le mie osservazioni. Ma per ora mi limito a buttarlo lì, in seguito semmai lo commento nello specifico.
Ora, tornando ai nostri paleocristiani “romani”, che arma avevano per fronteggiare l’apparato di potere dei Romani, onde rivendicare, come detto, riscatto e dignità, nonché spazi di potere?
Da tempo gli storici hanno chiarito che la loro principale “arma” contro il tradizionale potere romano è stato il MARTIRIO!
Prima ho detto che tra i poveracci di Roma era diffuso il mito di Spartaco, schiavo che aveva fatto tremare Roma e che era morto per la libertà e la dignità umana, forse sulla croce come Cristo. Così almeno si credeva.
Il carattere di ideologia delle masse diseredate e vilipese contro l’arrogante potere di Roma è fin troppo palese e noto nei paleocristiani, in sicuro contrasto tra l’altro, come è stato messo in evidenza, con altre visioni cristiane meno populiste e più spirituali. Come gli gnostici, osteggiati dai “pietropaolini” perché concorrenti e in seguito, una volta preso il potere, bollati e perseguitati come eretici, i loro libri, come l’ormai celebre e illuminante Vangelo di Giuda, distrutti e boicottati come apocrifi. E si noti bene che apocrifi è una parola greca che non vuol dire “falsi, non autentici”, come molti credono, bensì “segreti, nascosti, occulti”, come se fosse ben chiaro ai paleocristiani che celassero verità che però non dovessero essere divulgate alle masse perché in contrasto con l’mmagine politico-ideologica della nascente Chiesa al potere, basata appunto sul martirio e quindi su una rigida morale/disciplina, sessuofoba e algofila (o masochista, se preferite!), altroché crescita spirituale!.
Non mi dilungo ora su come il successo di questa corrente cristiana a Roma abbia poi generato un archetipo/prototipo storico sulla base del quale si sono modellati in seguito tanti altri “movimenti” ideologico-religiosi: ai nostri giorni, per esempio, l’islam dei cosiddetti kamikaze e del governo iraniano.
Ma, per riprendere l’argomento del titolo, i paleocistiani pietropaolini, ripeto, erano in oceanico contrasto anche con l’immagine del Gesù storico, e ora spiego perché.
In comune, il presunto iniziatore del cristianesimo e i suoi tardi seguaci pietropaolini avevano l’astio contro Roma. Ma in Gesù/Ieshuah non fu il carattere primario come tra i pietropaolini.
Come è stato da tempo messo in evidenza, quanto si trae dai vangeli cosiddetti canonici e dalle altre fonti è in perfetta sintonia con l’operato di un rabbih fariseo (perush), nazir o nazoreo, cioè un “puro”, un mistico, in conflitto con i farisei “corrotti” e i sadducei (zeduqim, che controllavano il potere) materialisti del sinedrio (sanhedrin) collaborazionista. Era sicuramente di famiglia ricca e benestante – altroché povero falegname! – che gli ha permesso un’istruzione curata e in linea con la tradizione ebraica più “indipendentista” e misticheggiante, ma in senso politico (come sono Hamas e gli Hezbollah oggi, per intenderci). Divenne il leader del “partito” guidato dal cugino Iohanan/Giovanni detto il Battista, dopo la sua eliminazione da parte di Erode Antipa il Tetrarca.
Iohanan avrebbe divulgato tra il popolo, proprio con intento politico, il rituale purificatorio esseno del battesimo (ma cfr. http://www.imninalu.net/popoloeletto4.htm per una diversa e probabilmente più corretta lettura).
Gli esseni (zenuim, molto prossimi ai farisei “puri”, entrambi ramificazioni dei hasidim), com’è stato ampiamente rilevato, avevano molto a che fare con Ieshuah e la sua predicazione: tanta dottrina cristiana è tratta quasi pari pari da quella essena rivelata dai cosiddetti manoscritti del Mar Morto. Se poi si accetta, come molti studiosi fanno (e come vuole il celebre romanzo di Dan Brown), che Maria Maddalena fosse la moglie di Ieshuah (sposata forse in occasione delle “nozze di Cana”, in cui la madre di Gesù è infatti troppo preoccupata per la carenza di vino in una festa di nozze in cui è solo un’invitata! Del resto sposarsi era cosa assolutamente normale e praticamente obbligatoria per un ebreo che non avesse scelto il cenobio come appunto gli esseni praticanti), è sin troppo intrigante la sua identificazione, già operata da tempo, con Salamsion figlia di Shimon l’Esseno! Il nome Maria Maddalena, peraltro, non deriverebbe da Maryam della città di Magdala, come si credeva, ma da un’espressione aramaica (Merí Magaleod, se non ricordo male) che vuol dire “prima tra i discepoli”, o qualcosa del genere.
Tutte le conseguenze relative e le ricostruzioni addirittura della presunta discendenza di Ieshuah non le ritengo rilevanti. Semmai, l’unica cosa veramente interessante è il fatto che Maria Maddalena potrebbe essere stata, come molti vogliono, la leader (o una dei leader) dei seguaci più spirituali e mistici (da cui sarebbero derivati gli gnostici e affini) del marito Rabbih Ieshuah, in contrasto con i più “politici” guidati da Pietro, più tardi con il determinante contributo del dotto e romanizzato Paolo.
Ora, quel che è invece più importante rilevare è che a un certo punto Ieshuah tentò di realizzare un preciso progetto politico che prevedeva la strumentalizzazione delle masse popolari giudee: doveva dimostrare che era il messia (mashiach) profetizzato dai vari Isaia, Geremia, Zaccaria ecc., il quale, intendiamoci bene, non ha molto a che vedere con l’immagine del Cristo della Chiesa, ma è piuttosto un vero e proprio leader politico che avrebbe dovuto riportare il popolo di Israele all’indipendenza e alla gloria del regno di David e Salomone.
Per essere creduto come mashiach, ruolo a cui non fu il solo ad aspirare a quei tempi e anche in tempi successivi, doveva evidenziare pubblicamente precisi requisiti, quelli appunto riportati nelle profezie:
- doveva essere figlio di una vergine (requisito tra i più difficili da dimostrare, dal momento peraltro che sua madre, dopo di lui, sembra aver partorito altri quattro maschi e due femmine!);
doveva essere nato a Betlehem come il suo presunto progenitore David;
doveva scampare, neonato, al “massacro degli innocenti”;
doveva essere fuggito in Egitto;
doveva saper compiere miracoli;
doveva entrare a Gerusalemme cavalcando un asino;
doveva essere venduto per trenta monete d’argento;
doveva essere tradito da uno che avrebbe mangiato alla sua stessa tavola con lui;
doveva essere abbandonato dai suoi discepoli al momento della “passione”;
doveva essere schernito, battuto, ingiuriato con sputi, flagellato, coronato di spine;
doveva bere fiele e aceto;
doveva risultare che si sarebbero spartiti le sue vesti tirandole a sorte;
doveva risultare che le sue mani e i suoi piedi sarebbero stati trafitti da chiodi;
doveva morire tra i malfattori;
doveva soffrire paziente come un agnello;
doveva pregare per i suoi nemici;
doveva morire volontariamente come capro espiatorio (agnello di Dio) del popolo;
doveva risultare che un ricco avrebbe provveduto alla sua sepoltura in un glorioso sepolcro;
doveva risultare che Il suo corpo non avrebbe subito putrefazione e sarebbe risorto al terzo giorno;
doveva ritornare al cielo e sedere alla destra di Dio, mentre la sua dottrina si sarebbe diffusa da Gerusalemme e dal Monte Sion per tutto il mondo.
Insomma, mica era (ed è) facile riuscire a essere creduto il Messia!!
Lui ci tentò aiutato anche da personaggi potenti, tra i quali i membri del sinedrio Ioseph di Arimatea (quello che gli fornisce il sepolcro) e Nicodemo sono i soli a essere stati tramandati.
Lo scopo era di strappare il potere in sinedrio ai farisei “corrotti” e soprattutto ai sadducei, guidati dalle figure prestigiose di Kayafa e di suo suocero Annas, i quali, naturalmente, conoscevano molto bene le profezie.
Il famoso attacco ai mercanti del Tempio rientra in questa logica, dal momento che i banchi dei cambiavalute presenti nella spianata del Tempio erano la maggior fonte di introiti dei sadducei. Senza dimenticare i tanti episodi in cui Ieshuah ridicolizza ed umilia pubblicamente per la loro decadenza i farisei e gli scribi membri del Sinedrio, da lui definiti con la famosa e potente metafora di sepolcri imbiancati.
Insomma, tutto l’operato di rabbih Ieshuah, coadiuvato da seguaci e alleati pubblici e segreti, è finalizzato a rispondere ai requisiti delle profezie per essere riconosciuto mashiach, sollevare il popolo contro l’élite al potere in sinedrio e quindi, probabilmente, tentare la rivolta contro i Romani, cosa che peraltro si verificherà 36 anni dopo e verrà ritentata nel 133.
Anche la sua “morte” è preparata nei dettagli, compresa la probabile corruzione delle guardie e del famoso centurione Longino.
Tutto questo secondo una ricostruzione razionale e contestuale di alcuni studiosi, confluita tra l’altro nel romanzo di Stephen Dando-Collins The Inquest [in it. L’inviato].
Si tratta comunque di un fine evidentemente molto diverso e più contingente rispetto a quello dei successivi paleocristiani “pietropaolini”.
Perché non ha avuto successo?
L’opposizione degli scaltri Kayafa e Annas sicuramente è stata efficace, con l’aiuto del sannita Ponzio Pilato, il cui gesto di “lavarsene le mani” va quindi riletto: evidentemente aveva capito che se avesse fatto finta di intervenire il meno possibile nella disputa “tra ebrei”, evitando quindi di fomentare il già acceso astio giudeo contro i Romani, i due marpioni a capo del sinedrio avrebbero avuto facile gioco a presentare Ieshuah di fronte al popolo come un usurpatore, tant’è vero che gli ebrei scelsero Barabba da salvare per il giorno di Pesach, per quanto questo esito seguisse comunque la trama dello stesso Ieshuah e dei suoi seguaci/alleati.
Naturalmente doveva essere tolto dalla croce prima della morte reale: potrebbe avere ingerito una droga (mirra?) che gli ha fatto perdere gradualmente i sensi sino a procurargli uno stato di morte apparente. Poco prima di svenire ha pronunciato la famosa frase “Dio, Dio, perché m’hai abbandonato?” (“Eli Eli Lama sabachthani” in aramaico), che peraltro, ben lungi dallìessere originale, è il primo verso del salmo 22. Probabilmente si trattava di una sorta di segnale in codice: a quel punto il legionario corrotto doveva praticargli la ferita superficiale al costato e dichiararne la morte anziché spezzargli le gambe per procurarglela, come fece con i due “ladroni”. Tutto il resto… di conseguenza.
Dopo essere stato medicato e fatto “risorgere”, nel momento in cui non si era riusciti a guadagnare il popolo né tanto meno a scalzare il potere del sinedrio (la “dinastia” di Annas finirà proprio con la rivolta del 66), evidentemente Ieshuah venne fatto sparire, allontanare: troppo pericoloso per lui rimanere in Giudea e troppo imbarazzante per i suoi alleati.
Le ipotesi sono tante, a parte quella ufficiale dell’ascensione in cielo.
Ma una tra le più interessanti si basa su un’antica tradizione buddhista e poi islamica che lo vuole emigrato in Kashmir, dove tuttora, a quanto pare, si può visitare il Roza Bol, cioè la tomba di Isa-Masih (variante locale di Ieshuah ha Mashiach), a Mahala Kan Yar, distretto della capitale Srinagar.
Se infatti colleghiamo questa tradizione all’affascinante quanto documentata tesi dell’illustre storico delle religioni (e dei manoscritti del Mar Morto) Dupont-Sommer, secondo cui gli esseni nacquero nel III sec. a.C. in seguito alla diretta influenza dei missionari buddhisti di Aśoka, è assolutamente verosimilie che si siano mantenuti dei contatti vitali tra le due comunità religiose. Rimando ai vari libri scritti sulla questione per un approfondimento, per esempio quelli di Hassnain e di Kersten.
Mi preme invece tornare ai paleocristiani.
Vistisi senza più guida, i primi seguaci, la maggior parte dei quali non dovevano conoscere i dettagli dell’”intrigo” (il Vangelo di Giuda, in questo senso, è illuminante), in gran parte rimasero sicuramente risucchiati dal conflitto interno giudaico e dalla rivolta contro Roma.
D’altra parte molti di loro è stato accertato che erano zeloti.
Un gruppo consistente deve essere confluito appunto nella gnosi, del resto ben più antica di Ieshuah, laddove gnosis altro non è che la traduzione greca della parola ebraica chokhmah, che a sua volta affondava le sue radici filosofiche nella cultura mistico-religiosa mesopotamica.
Un altro gruppo, guidato da Kefa/Pietro, ha continuato a fare proselitismo, sulla base in particolare delle istanze di riscatto sociale, vagamente egualitarie e soteriologiche.
Ma c’è voluta la conversione del già citato Saul/Paolo per arrivare alla svolta.
Nato a Tarso, in Cilicia, intorno al 5 a.C., lui stesso racconta: “Io sono israelita del seme di Adamo, della tribù di Beniamino" (Rom. 11, 1), "circonciso all'ottavo giorno, della stirpe di Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo secondo la legge" (Phil. 3, 5). Come ben si sa, era inizialmente dalla parte di Kayafa e Annas e prese parte, dopo la crocifissione di Ieshuah, alla repressione dei suoi seguaci, in particolare alla lapidazione di Stefano, il cosiddetto protomartire. Incaricato dal sinedrio di recarsi a Damasco (che alcuni hanno ipotizzato non fosse la città siriana, bensì un’omonima città essena della Giudea o della Galilea, forse, addirittura, l’antico nome di Qumran) ad imprigionarne i cristiani, soffrì la famosa “folgorazione”, seguita dalla successiva conversione. Ben presto divenne il più importante apostolo, perché era dotato di una cultura notevole, sia ebraica sia ellenistica, che lo mise subito in risalto.
Ma quel che lo distinse e lo impose fu la convinta applicazione del cosiddetto concetto della metanoia, l'apertura della fede ai pagani, senza per questi l’obbligo di circoncidersi., come affermò al Concilio di Gerusalemme intorno al 50.
Dietro a questa apertura ai pagani, ai Romani e ai loro sudditi, c’è senz’altro già allora anche la volontà di contrastare il potere di Roma, basato invece sulla forza e l’arrogante prevaricazione della sua classe dirigente. Volontà ancor più accesa quando entrambi i leader carismatici, Pietro e Paolo, si recheranno a Roma dove saranno “maritrizzati” nel 67, evento che sicuramente hanno cercato, in età ormai avanzata, per dare l’esempio ai seguaci che, per giunta, erano già oggetto delle prime persecuzioni mirate neroniane, perché i Romani avevano capito sin da subito la pericolosità del messaggio sociale cristiano, un po’ meno l’efficacia del loro strumento di propaganda, il martirio appunto, che impressionò sempre più coscienze, specie tra i poveracci, ma anche tra alcuni membri della classe senatoriale, del resto già intrisa di stoicismo ed epicureismo.
La differenza notevole, però, rispetto al progetto iniziale, era ormai non più l’indipendenza giudaica, che importava poco ai cristiani ormai perlopiù di origine non ebraica e già, forse, tendenzialmente antisemiti, non fosse altro che per desiderio di distinguersi da chi si riteneva non avesse accettato il messia, pur avendone avuto l’opportunità.
Lo scopo, stavolta, era demolire le fondamenta del potere di Roma e sostituirsi a esso!
L’azione politica del resto è assai chiara, per esempio nei cosiddetti polemisti dei secc. II-III tra cui spicca Tertulliano. Ma anche gli altri cosiddetti padri della chiesa fanno una politica caratterizzata da un rigido moralismo, la strumentalizzazione e l’enfatizzazione del dolore e della repressione sessuale, il martirio. Emerge qualcuno un po’ più mistico, per esempio Agostino (comunque più tardo: IV-V secc.), ma tutti comunque sono impegnati in lotte politiche senza risparmio di colpi contro autorità pagane, concorrenti “eretici” e di altre religioni di peso come il mitraismo e il manicheismo.
Quando Costantino, per convenienza politica, rende di fatto il cristianesimo religione di stato romana, atto dovuto nel momento in cui s’era appoggiato ai cristiani in occasione della battaglia decisiva di Ponte Milvio, presso i Saxa Rubra (sulla via Flaminia, alle porte di Roma, dove oggi c’è la sede centrale della RAI), contro il rivale Massenzio (che invece s’era appoggiato ai mitraici), il 28 ottobre 312, allora si può dire che si realizza il progetto di Paolo e Pietro, laddove però s’impone a maggior ragione una svolta politica. Al Concilio di Nicea del 325, presieduto da Costantino stesso, l’imperatore romano detta i dogmi della Chiesa di Stato e promuove l’epurazione violenta di quei gruppi cristiani ancora antiromani o troppo eterodossi, gli “eretici”, appunto.
Il “lupo romano” era insomma rimasto sostanzialmente lo stesso, solo si era adeguato ai tempi e alle “nuove” sovrastrutture, curiosamente e quasi beffardamente, direi, basate sulla dottrina, ormai molto stravolta come la sua immagine, di un nemico di Roma, un sovversivo, un “terrorista”, giustiziato sulla croce come tale (senza dimenticare l’importante precedente di Spartaco!).
Se avesse vinto Massenzio, probabilmente si sarebbe imposto il mitraismo, chissà (con i se e con i ma, la storia non si fa)!
Concludo, finalmente e sul serio, ricordando come Sir Edward Gibbon, nel suo epocale The History of the Decline and Fall of the Roman Empire (1776-1788), accusa il cristianesimo di aver prodotto e determinato la crisi di Roma.
Si tratta di una tesi ormai superata, che si deve all’anticlericalismo, al materialismo borghese e allo scetticismo illuminista di moda ai suoi tempi.
Rimanda però all’ultimo strascico di conflitto tra tradizionalisti pagani e rampanti cristiani in atto durante l’ormai tardo impero d’Occidente: Rutilio Namaziano, per esempio, nel suo De Reditu scritto 6-7 anni dopo il sacco di Roma da parte dei Visigoti di Alarico (410), accusa in pratica i cristiani di essere perlomeno inerti di fronte alla catastrofe di Roma, perché vegetano come dei morti viventi a causa della rinuncia alla vita autoimpostasi in ossequio al loro credo. Si lascia andare a una nostalgica rievocazione dei mitici tempi antichi e della gloria di Roma, mettendo genialmente in rilievo come tunc mutabantur corpora, nunc animi, “allora si trasformavano i corpi (riferimento a Circe), ora gli animi”!
Il Cristianesimo ha infatti affermato non solo una nuova morale astratta, ma anche un diverso approccio alla vita, molto cerebrale e spesso alienante, specie nel momento in cui è degenerato nell’algofilia, cioè nella cultura del dolore, nella mortificazione della carne, nel disprezzo per la vita terrena rispetto alla “vera vita” celeste, con tutte le conseguenze e le implicazioni terribili ancor oggi molto vtali, anche e soprattutto negli epigoni e emuli musulmani.
È necessario un definitivo superamento. Solo l’approccio storico può permetterlo.
4 commenti:
Diciamo che hai scritto giusto due righe... :)
Ieri notte ho assistito a un programma RAI di Gabriele La Porta, ormai celebre in quanto studioso di misticismo e spiritualità, per quanto non sia solo questo.
Il programma era dedicato ai Templari, visti come continuatori del misticismo gnostico e, in quanto tali, detentori di dottrine segrete in aperto contrasto ai dogmi ufficiali della chiesa romana, da cui formalmente dipendevano.
Tali dottrine hanno caratterizzato e ispirato lo sviluppo delle cattedrali gotiche, ma anche delle pievi toscane, oltre che di tante altre manifestazioni culturali dell'epoca e di quelle successive, in primis Leonardo.
Insomma: in linea con la moda dei templari dei nostri tempi, per quanto La Porta dimostri certo un livello decisamente diverso rispetto al più commerciale Dan Brown, per esempio, nei confronti del quale si è mostrato infatti critico.
Direi però, tornando al motivo dominante del mio post, che tutto ciò non nega un fatto storico a mio modo di vedere indubitabile:
anche gli gnostici e tutti i movimenti affini hanno interpretato il cosiddetto Cristo a modo loro, al di là del suo vero valore storico.
Ieshuah ha sicuramente tentato di farsi accettare come maschiach dal popolo ebraico e questo fu un gesto dal forte sapore politico a prescindere dalla sua dottrina che sicuramente si arricchiva di ulteriori aspetti, mistici, morali, ma anche sociali.
Del resto, è il destino dei cosiddetti profeti, che letteralmente "parlano per l'altro", cioè interpretano, essere a loro volta interpretati.
Fonti? serie e non Dan Brown, canzoni punk e novellisti vari.
PS: ma se per te Gesú era un impostore o addirittura non é mai esistito, perché tutto questo interesse su di lui?
All'epoca non avevo certo la pretesa di scrivere un articolo accademico, solo una sorta di rendiconto delle mie letture, se così si può chiamare.
Tra cui non è contemplato il romanzo di Dan Brown, che non ho mai letto - ci ho provato, ma l'ho trovato troppo noioso - che infatti non cito come "fonte", né cito come fonti gli altri che riporti, semmai come raffronti.
Quanto al mio interesse per Gesù, ti posso semplicemente rispondere che, se per caso non te ne sei accorto, da quando siamo nati ci martellano i marroni con il suo nome, specialmente a Natale, quando infatti ho scritto questo post nell'ormai lontano 2006. Inoltre la Chiesa cattolica in Italia è molto potente, grazie a oltre un miliardo di euro all'anno che gli regaliamo con l'8xmille, senza contare tutti gli altri proventi che incamera.
Fare un po' di chiarezza su tutto ciò penso che sia stato un sano esercizio.
A uno studio storico p.d. mi riservo di dedicarmici più in là, se ne avrò voglia, in effetti sono altre le cose che più mi interessano.
Poi, ognuno è libero a credere a tutte le favole che vuole, da Cappuccetto rosso, a Babbo Natale e anche a Gesù Cristo.
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