Riporto l'editoriale di Gianni Minà contro quella che lui definisce la "bloggera di moda" Yoani Sánchez, nonché la risposta di Gordiano Lupi, infine il mio contributo a che si accenda un dibattito democratico e pulito sulla questione, che non farebbe altro che bene anche alla salute della nostra "sinistra". E non solo:
***
Le dimenticanze della bloggera di moda, Yoani Sánchez
Scritto da Gianni Minà
Non tanto per l’informazione a Cuba, ma per la disinformazione che regna in Italia, mi ha colpito il candore di un lettore del mio sito che giudica il lavoro di Yoani Sánchez, “la bloggera che sfida Castro”, scevro da ideologie o interessi poltici.
Basterebbe, infatti, la propaganda che le viene fatta nel nostro paese per capire la portata dell’operazione che è stata messa su.
C’è un intero continente con tutti i nuovi presidenti finalmente presentabili dell’America latina che non solo chiede agli Stati Uniti la cancellazione dell’embargo, ma si sta battendo anche per il rientro di Cuba in tutti gli organismi dai quali l’isola era stata prepotentemente esclusa per volere proprio degli Stati uniti.
Questi presidenti, da Lula a Chávez, a Evo Morales, a Correa, ma anche dall’argentina Kirchner alla cilena Bachelet, o all’ex vescovo Lugo, sanno perfettamente che Cuba ha raggiunto in questi anni standard d’eccellenza nell’educazione, nella sanità, nella protezione sociale, nella cultura, nello sport, che questi premiers ancora sognano per i loro paesi, pur essendo più ricchi e non feriti da un blocco economico insensato e ingiusto.
I ragazzi cubani che Yoani Sánchez sostiene vivono solo privazioni sanno perfettamente, infatti, che queste conquiste sociali rendono Cuba, pur con tutti i suoi errori, diversa, più libera, dai paesi che invece, negli anni, sono stati prigionieri del neoliberismo e del mercato, come quelli delle villas miserias delle grandi città o come i trenta milioni di bambini randagi del continente.
Yoani Sánchez, nei suoi articoli, fa finta di non saperlo.
Forse è per ribattere questo tipo di dimenticanze che ho attraversato recentemente l’isola, da l’Avana a Guantanamo, con una mia troupe per realizzare un documentario non banale sulla Revolución nell’era di Obama, ed ho scoperto che non solo la Sánchez è pressocché sconosciuta, ma perfino i tanti ragazzi latinoamericani e non che studiano a Cuba (perché nei loro paesi non potrebbero farlo) alla Scuola di medicina latinoamericana o alla Scuola d’arte di Bayamo, come alla Scuola di cinema, o nella stessa Università di Stato, non capiscono che cosa vorrebbe dimostrare questa bloggera di cui io spiegavo l’esistenza e la risonanza in Italia.
Per anni io ho sentito parlare, per esempio, da parte dei radicali italiani e di quella parte di “eredi” del nostro PC ora pentiti, di “dissidenti” come per esempio l’associazione delle “Donne in bianco”. Bene, recentemente si è saputo che la leader di questo gruppo di opposizione alla Rivoluzione, Martha Beatriz Roque, prendeva una ricca prebenda mensile da Santiago Alvarez, un terrorista al servizio della parte più retriva degli anticastristi di Miami, recentemente arrestato e condannato a quasi quattro anni (poi ridotti a due anni e mezzo) perché scoperto con una macchina piena di esplosivo che, a suo dire, doveva servire per alcuni attentati nell’isola.
Poiché Santiago Alvarez era in carcere, nei mesi in cui era ancora presidente Bush Jr, i soldi si è offerto di anticiparli il capo dell’ufficio di interessi del governo degli Stati uniti a l’Avana, Michael Parmly.
Non mi sono sorpreso perché ogni anno della sua presidenza Bush ha stanziato milioni di dollari per “un cambio rapido e drastico a Cuba” (140 milioni nel 2007, 45, data la crisi economica, nel 2008).
Molti di questi soldi venivano rubati dalle presunte organizzazioni per la democrazia a Cuba (come ha scoperto Barack Obama ordinando un’indagine), ma evidentemente buona parte è servita per “ungere” chi poteva creare malessere nella società cubana, certo non perfetta e ancora non libera da contraddizioni.
Non siamo più nell’epoca in cui veniva messa in piedi contro la Rivoluzione, come nel 2003, una vera e propria “strategia della tensione” con dirottamenti di aerei e sequestri del ferry boat di Regla, ma c’è ancora uno sforzo palese per controbattere il vento di simpatia, nei riguardi di Cuba, che attualmente spira nel continente latinoamericano e anche nella parte progressista degli Stati uniti.
Dispiace che tutto questo non lo abbia considerato anche L’Unità che, avendo fra i collaboratori un grande conoscitore delle nazioni a Sud del Texas come Maurizio Chierici, questa realtà la avrebbe potuta approfondire facilmente anche se, erroneamente, il giornale cita spesso Freedom House, un’agenzia sovvenzionata dai governi di Washington, come riferimento indiscutibile per dare le pagelle sulla libertà di stampa. E lo fa perfino con paesi, in questo settore più che carenti, come il Messico e la Colombia.
Perché se a Cuba c’è la bloggera, in Messico o in Colombia, nazioni allineate sulle vecchie poltiche degli Stati uniti e dei farisei europei, l’eliminazione dei giornalisti non graditi ai regimi di Uribe e di Calderon che li governano, è uno sport ancora molto praticato e che, ogni anno, fa registrare una trentina di cronisti ammazzati (record mondiale).
A loro mai nessuno, però, ha chiesto di tenere una rubrica su Internazionale.
Non tanto per l’informazione a Cuba, ma per la disinformazione che regna in Italia, mi ha colpito il candore di un lettore del mio sito che giudica il lavoro di Yoani Sánchez, “la bloggera che sfida Castro”, scevro da ideologie o interessi poltici.
Basterebbe, infatti, la propaganda che le viene fatta nel nostro paese per capire la portata dell’operazione che è stata messa su.
C’è un intero continente con tutti i nuovi presidenti finalmente presentabili dell’America latina che non solo chiede agli Stati Uniti la cancellazione dell’embargo, ma si sta battendo anche per il rientro di Cuba in tutti gli organismi dai quali l’isola era stata prepotentemente esclusa per volere proprio degli Stati uniti.
Questi presidenti, da Lula a Chávez, a Evo Morales, a Correa, ma anche dall’argentina Kirchner alla cilena Bachelet, o all’ex vescovo Lugo, sanno perfettamente che Cuba ha raggiunto in questi anni standard d’eccellenza nell’educazione, nella sanità, nella protezione sociale, nella cultura, nello sport, che questi premiers ancora sognano per i loro paesi, pur essendo più ricchi e non feriti da un blocco economico insensato e ingiusto.
I ragazzi cubani che Yoani Sánchez sostiene vivono solo privazioni sanno perfettamente, infatti, che queste conquiste sociali rendono Cuba, pur con tutti i suoi errori, diversa, più libera, dai paesi che invece, negli anni, sono stati prigionieri del neoliberismo e del mercato, come quelli delle villas miserias delle grandi città o come i trenta milioni di bambini randagi del continente.
Yoani Sánchez, nei suoi articoli, fa finta di non saperlo.
Forse è per ribattere questo tipo di dimenticanze che ho attraversato recentemente l’isola, da l’Avana a Guantanamo, con una mia troupe per realizzare un documentario non banale sulla Revolución nell’era di Obama, ed ho scoperto che non solo la Sánchez è pressocché sconosciuta, ma perfino i tanti ragazzi latinoamericani e non che studiano a Cuba (perché nei loro paesi non potrebbero farlo) alla Scuola di medicina latinoamericana o alla Scuola d’arte di Bayamo, come alla Scuola di cinema, o nella stessa Università di Stato, non capiscono che cosa vorrebbe dimostrare questa bloggera di cui io spiegavo l’esistenza e la risonanza in Italia.
Per anni io ho sentito parlare, per esempio, da parte dei radicali italiani e di quella parte di “eredi” del nostro PC ora pentiti, di “dissidenti” come per esempio l’associazione delle “Donne in bianco”. Bene, recentemente si è saputo che la leader di questo gruppo di opposizione alla Rivoluzione, Martha Beatriz Roque, prendeva una ricca prebenda mensile da Santiago Alvarez, un terrorista al servizio della parte più retriva degli anticastristi di Miami, recentemente arrestato e condannato a quasi quattro anni (poi ridotti a due anni e mezzo) perché scoperto con una macchina piena di esplosivo che, a suo dire, doveva servire per alcuni attentati nell’isola.
Poiché Santiago Alvarez era in carcere, nei mesi in cui era ancora presidente Bush Jr, i soldi si è offerto di anticiparli il capo dell’ufficio di interessi del governo degli Stati uniti a l’Avana, Michael Parmly.
Non mi sono sorpreso perché ogni anno della sua presidenza Bush ha stanziato milioni di dollari per “un cambio rapido e drastico a Cuba” (140 milioni nel 2007, 45, data la crisi economica, nel 2008).
Molti di questi soldi venivano rubati dalle presunte organizzazioni per la democrazia a Cuba (come ha scoperto Barack Obama ordinando un’indagine), ma evidentemente buona parte è servita per “ungere” chi poteva creare malessere nella società cubana, certo non perfetta e ancora non libera da contraddizioni.
Non siamo più nell’epoca in cui veniva messa in piedi contro la Rivoluzione, come nel 2003, una vera e propria “strategia della tensione” con dirottamenti di aerei e sequestri del ferry boat di Regla, ma c’è ancora uno sforzo palese per controbattere il vento di simpatia, nei riguardi di Cuba, che attualmente spira nel continente latinoamericano e anche nella parte progressista degli Stati uniti.
Dispiace che tutto questo non lo abbia considerato anche L’Unità che, avendo fra i collaboratori un grande conoscitore delle nazioni a Sud del Texas come Maurizio Chierici, questa realtà la avrebbe potuta approfondire facilmente anche se, erroneamente, il giornale cita spesso Freedom House, un’agenzia sovvenzionata dai governi di Washington, come riferimento indiscutibile per dare le pagelle sulla libertà di stampa. E lo fa perfino con paesi, in questo settore più che carenti, come il Messico e la Colombia.
Perché se a Cuba c’è la bloggera, in Messico o in Colombia, nazioni allineate sulle vecchie poltiche degli Stati uniti e dei farisei europei, l’eliminazione dei giornalisti non graditi ai regimi di Uribe e di Calderon che li governano, è uno sport ancora molto praticato e che, ogni anno, fa registrare una trentina di cronisti ammazzati (record mondiale).
A loro mai nessuno, però, ha chiesto di tenere una rubrica su Internazionale.
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GIANNI MINÀ ATTACCA YOANI SÁNCHEZ
Il regime cubano corre ai ripari e mette in campo la stampa amica
La verità comincia a far paura…
Gianni Minà affronta il fenomeno Yoani Sánchez, rompendo un silenzio che dura da due anni, per definirla con tono sprezzante una blogger di moda. Fino a questo momento si era limitato a ignorarla, ma visto che anche Fidel Castro ha dovuto ammetterne l’esistenza per controbattere i racconti-verità, anche il più fedele sostenitore della dittatura comunista si è sentito in dovere di scendere in campo.
Niente di nuovo sotto il sole. Le opinioni di Minà riguardo alle critiche su un regime liberticida sono come le prese di posizione di Emilio Fede nei confronti di Silvio Berlusconi. Veline di partito, statistiche ufficiali, frasi fatte, retorica come se piovesse e una spruzzatina di illazioni maligne per far capire che non c’è niente di sincero, che il fenomeno Yoani Sánchez è costruito da qualcuno che si trova molto in alto.
Forse la giovane blogger comincia a dare fastidio, dopo l’uscita di Cuba libre – Scrivere e vivere all’Avana edito da Rizzoli. Il libro sta andando bene, è tra i più venduti in Italia nella categoria non fiction di autori stranieri. Gianni Minà critica la scrittrice cubana, ma non scende sul piano dei contenuti letterari e dei racconti di vita quotidiana. Prende come pretesto una lettera di un frequentatore del suo blog (che non ammette commenti, al contrario di Generación Y), afferma che non è vero che il lavoro di Yoani Sánchez, “la bloggera che sfida Castro”, sia scevro da ideologie o interessi politici. Parla di propaganda che le viene fatta nel nostro paese e di un’operazione mediatica orchestrata ad arte. Niente di più assurdo.
Yoani Sánchez gestisce da due anni un blog frequentatissimo nel quale - per la prima volta dai tempi di Heberto Padilla (Minà conosce Fuori dal gioco? Suppongo di no) - si parla di Cuba senza ideologie, raccontando il quotidiano e le difficoltà di sopravvivere in un mondo privo di libertà e di speranze per il futuro. Gianni Minà pare non capirlo e recita a memoria un vecchio copione fatto di frasi fatte, prelevato di peso dalle colonne del Granma o dai notiziari di Cubavision, parla di un continente che chiede la cancellazione dell’embargo, di presidenti presentabili come Lula, Chávez, Evo Morales, Correa… racconta di record cubani nell’educazione, nella sanità, nella protezione sociale, nella cultura, nello sport, di un blocco economico insensato e ingiusto...
Yoani Sánchez è la prima a chiedere la cancellazione dell’embargo, ma sa bene che il blocco economico USA non è il solo problema della sua terra, ma soltanto uno dei problemi. Ben altre sono le cose che vorrebbero i giovani cubani, strani oggetti chiamati libertà di parola, di movimento, di stampa, di espressione del pensiero, persino libertà economica, certo, senza timore di dire una bestemmia. I ragazzi cubani vorrebbero la fine di un assurdo sistema monetario, che vede stipendi pagati in pesos e beni di prima necessità acquistati con una finta moneta (il peso convertibile) parificata al dollaro.
I ragazzi cubani vivono solo privazioni e il primo a saperlo è proprio Minà, solo che non può dirlo. In compenso racconta la favola di una Cuba, pur con tutti i suoi errori, diversa, più libera, dai paesi che invece, negli anni, sono stati prigionieri del neoliberismo e del mercato, come quelli delle villas miserias delle grandi città o come i trenta milioni di bambini randagi del continente.
I cubani sono liberi di fare cosa? Forse di ubbidire, di sfilare in massa il primo maggio, durante una messa in scena grandiosa in piazza della Rivoluzione, di fare la fila per una malanga, di chiedere il permesso di uscita dal paese e di vederselo negare, di fuggire a bordo di una zattera, di sposare uno straniero per guadagnare la libertà…
Gianni Minà afferma che la Sánchez è sconosciuta a Cuba. Certo che è così. Forse Minà non sa che a Cuba manca la libera informazione? Chi dovrebbe parlare di Yoani Sánchez in una realtà dominata da un quotidiano unico nazionale e da una televisione di partito? Gianni Minà crede forse che a Cuba si possa leggere il blog di Yoani Sánchez? Si informi, allora, prima di dire cose avventate e di andare a girare un documentario sulla rivoluzione alloggiando nelle segrete stanze del potere e parlando non con veri cubani, ma con persone addomesticate dal regime. A Cuba, tanto per fare qualche esempio, non sono noti neppure Reinaldo Arenas, Cabrera Infante, Zoé Valdés, Pedro Juan Gutierrez e Abilio Estévez, ma restano grandi scrittori cubani, apprezzati in tutto il mondo libero ma non nella loro patria.
Gianni Minà prosegue con la solita storia dei dissidenti finanziati dalla CIA e in combutta con i terroristi internazionali. Racconta di una presidenza Bush che ha stanziato milioni di dollari per “un cambio rapido e drastico a Cuba” (140 milioni nel 2007, 45, data la crisi economica, nel 2008). Aggiunge che molti di questi soldi venivano rubati dalle presunte organizzazioni per la democrazia a Cuba, ma evidentemente buona parte è servita per “ungere” chi poteva creare malessere nella società cubana… Ci vuol far credere a una vera e propria “strategia della tensione” avvenuta nel 2003 con dirottamenti di aerei e sequestri del ferry boat di Regla… (erano disperati che scappavano, Minà, non terroristi). Parla di uno sforzo palese per controbattere il vento di simpatia, nei riguardi di Cuba, che attualmente spira nel continente latinoamericano e anche nella parte progressista degli Stati Uniti.
Non è possibile permettere simili illazioni senza replicare con forza.
Tra le righe si legge l’accusa che Yoani sarebbe una creatura costruita da qualcuno che manovra nell’ombra contro il regime cubano. Non si permetta tanto, egregio Minà. Traduco il blog di Yoani da quando nessuno la conosceva, credo in lei da sempre, sono tra le persone che ha voluto l’edizione del suo libro per un grande editore italiano. So con certezza che tutto è nato spontaneamente, per dare vita alle voci della strada, per far parlare la Cuba nascosta, in un vero e proprio esorcismo personale, che permette a una giovane blogger di impersonare la protesta silenziosa e senza colore politico che corre lungo le strade dell’Isola. Il mio lavoro di traduzione è da sempre puro volontariato al servizio della verità e del popolo cubano che ha finalmente trovato il suo interprete. Non ci sono soldi della CIA, egregio Minà. Per favore la faccia finita con questa tiritera che ha stancato tutti. Non servono soldi per raccontare la verità, servono soltanto gli attributi che questa ragazzina dimostra di possedere.
Yoani Sánchez descrive con realismo la Cuba contemporanea, dalla parte del cittadino che giorno dopo giorno è costretto a inventare il modo per sopravvivere. I suoi brevi racconti sono dei bozzetti a metà strada tra la metafora e il realismo più crudo, immersi nella vita quotidiana delle due anime di Cuba, ricchi di riferimenti a scrittori del passato dimenticati dalla cultura ufficiale, come Padilla, Cabrera Infante, Arenas e Lima. Yoani sogna una Cuba trasformata in un luogo dove ci si possa fermare a un angolo e gridare: “In questo paese non c’è libertà di espressione!”. Perché vorrebbe dire che le cose sono cambiate e si può cominciare a pronunciare la parola libertà. Si dichiara disponibile a scambiare gli alimenti somministrati con la tessera del razionamento alimentare per una cucchiaiata di diritti civili, una libbra di libertà di movimento e due once di libera iniziativa economica. Percorre le strade di due città diverse, quella dei membri del partito, dei generali, dei dirigenti di Stato e quella della povera gente che vive nella desolazione dei quartieri periferici, nelle casupole cadenti e nei rifugi costruiti per i senza tetto. Vive un’utopia che non è più la sua e non vorrebbe lasciarla in dote ai suoi figli, analizza le contraddizioni di chi fatica a mettere insieme il pranzo con la cena ma sogna vestiti di marca e profumi. Assiste alle fughe di personaggi famosi e di semplici cittadini esasperati, critica il governo per le promesse disattese, ricorda il passato e analizza lo stato deplorevole della cultura di regime. Yoani si scaglia contro il doppio sistema monetario e narra la realtà del mercato nero, unica fonte di sostentamento, perché la maggioranza dei cubani vive di ciò che i venditori informali portano nelle loro case.
Tutto questo è davvero rivoluzionario. Altro che la retorica di regime!
Il grande giornalista amico di Fidel bacchetta pure L’Unità, rea di aver concesso troppa attenzione a Yoani Sánchez e perché cita spesso Freedom House, un’agenzia sovvenzionata dai governi di Washington, come riferimento indiscutibile per dare le pagelle sulla libertà di stampa. Dulcis in fundo pure Internazionale – nota rivista di destra con simpatie liberticide – finisce nel mirino del grande Minà. Il peccato di Internazionale sta nell’aver affidato alla Sánchez una rubrica fissa dove racconta la Cuba quotidiana.
Siamo alle solite. Il regime cubano mette in campo tutte le sue forze per controbattere il tentativo di raccontare il vero volto di Cuba, al di là dei giochi politici e della retorica di regime. Lasciatemi dire che preferisco la spontaneità di una piccola blogger come Yoani a un presidente presentabile come Chávez. A ognuno i suoi miti.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
La verità comincia a far paura…
Gianni Minà affronta il fenomeno Yoani Sánchez, rompendo un silenzio che dura da due anni, per definirla con tono sprezzante una blogger di moda. Fino a questo momento si era limitato a ignorarla, ma visto che anche Fidel Castro ha dovuto ammetterne l’esistenza per controbattere i racconti-verità, anche il più fedele sostenitore della dittatura comunista si è sentito in dovere di scendere in campo.
Niente di nuovo sotto il sole. Le opinioni di Minà riguardo alle critiche su un regime liberticida sono come le prese di posizione di Emilio Fede nei confronti di Silvio Berlusconi. Veline di partito, statistiche ufficiali, frasi fatte, retorica come se piovesse e una spruzzatina di illazioni maligne per far capire che non c’è niente di sincero, che il fenomeno Yoani Sánchez è costruito da qualcuno che si trova molto in alto.
Forse la giovane blogger comincia a dare fastidio, dopo l’uscita di Cuba libre – Scrivere e vivere all’Avana edito da Rizzoli. Il libro sta andando bene, è tra i più venduti in Italia nella categoria non fiction di autori stranieri. Gianni Minà critica la scrittrice cubana, ma non scende sul piano dei contenuti letterari e dei racconti di vita quotidiana. Prende come pretesto una lettera di un frequentatore del suo blog (che non ammette commenti, al contrario di Generación Y), afferma che non è vero che il lavoro di Yoani Sánchez, “la bloggera che sfida Castro”, sia scevro da ideologie o interessi politici. Parla di propaganda che le viene fatta nel nostro paese e di un’operazione mediatica orchestrata ad arte. Niente di più assurdo.
Yoani Sánchez gestisce da due anni un blog frequentatissimo nel quale - per la prima volta dai tempi di Heberto Padilla (Minà conosce Fuori dal gioco? Suppongo di no) - si parla di Cuba senza ideologie, raccontando il quotidiano e le difficoltà di sopravvivere in un mondo privo di libertà e di speranze per il futuro. Gianni Minà pare non capirlo e recita a memoria un vecchio copione fatto di frasi fatte, prelevato di peso dalle colonne del Granma o dai notiziari di Cubavision, parla di un continente che chiede la cancellazione dell’embargo, di presidenti presentabili come Lula, Chávez, Evo Morales, Correa… racconta di record cubani nell’educazione, nella sanità, nella protezione sociale, nella cultura, nello sport, di un blocco economico insensato e ingiusto...
Yoani Sánchez è la prima a chiedere la cancellazione dell’embargo, ma sa bene che il blocco economico USA non è il solo problema della sua terra, ma soltanto uno dei problemi. Ben altre sono le cose che vorrebbero i giovani cubani, strani oggetti chiamati libertà di parola, di movimento, di stampa, di espressione del pensiero, persino libertà economica, certo, senza timore di dire una bestemmia. I ragazzi cubani vorrebbero la fine di un assurdo sistema monetario, che vede stipendi pagati in pesos e beni di prima necessità acquistati con una finta moneta (il peso convertibile) parificata al dollaro.
I ragazzi cubani vivono solo privazioni e il primo a saperlo è proprio Minà, solo che non può dirlo. In compenso racconta la favola di una Cuba, pur con tutti i suoi errori, diversa, più libera, dai paesi che invece, negli anni, sono stati prigionieri del neoliberismo e del mercato, come quelli delle villas miserias delle grandi città o come i trenta milioni di bambini randagi del continente.
I cubani sono liberi di fare cosa? Forse di ubbidire, di sfilare in massa il primo maggio, durante una messa in scena grandiosa in piazza della Rivoluzione, di fare la fila per una malanga, di chiedere il permesso di uscita dal paese e di vederselo negare, di fuggire a bordo di una zattera, di sposare uno straniero per guadagnare la libertà…
Gianni Minà afferma che la Sánchez è sconosciuta a Cuba. Certo che è così. Forse Minà non sa che a Cuba manca la libera informazione? Chi dovrebbe parlare di Yoani Sánchez in una realtà dominata da un quotidiano unico nazionale e da una televisione di partito? Gianni Minà crede forse che a Cuba si possa leggere il blog di Yoani Sánchez? Si informi, allora, prima di dire cose avventate e di andare a girare un documentario sulla rivoluzione alloggiando nelle segrete stanze del potere e parlando non con veri cubani, ma con persone addomesticate dal regime. A Cuba, tanto per fare qualche esempio, non sono noti neppure Reinaldo Arenas, Cabrera Infante, Zoé Valdés, Pedro Juan Gutierrez e Abilio Estévez, ma restano grandi scrittori cubani, apprezzati in tutto il mondo libero ma non nella loro patria.
Gianni Minà prosegue con la solita storia dei dissidenti finanziati dalla CIA e in combutta con i terroristi internazionali. Racconta di una presidenza Bush che ha stanziato milioni di dollari per “un cambio rapido e drastico a Cuba” (140 milioni nel 2007, 45, data la crisi economica, nel 2008). Aggiunge che molti di questi soldi venivano rubati dalle presunte organizzazioni per la democrazia a Cuba, ma evidentemente buona parte è servita per “ungere” chi poteva creare malessere nella società cubana… Ci vuol far credere a una vera e propria “strategia della tensione” avvenuta nel 2003 con dirottamenti di aerei e sequestri del ferry boat di Regla… (erano disperati che scappavano, Minà, non terroristi). Parla di uno sforzo palese per controbattere il vento di simpatia, nei riguardi di Cuba, che attualmente spira nel continente latinoamericano e anche nella parte progressista degli Stati Uniti.
Non è possibile permettere simili illazioni senza replicare con forza.
Tra le righe si legge l’accusa che Yoani sarebbe una creatura costruita da qualcuno che manovra nell’ombra contro il regime cubano. Non si permetta tanto, egregio Minà. Traduco il blog di Yoani da quando nessuno la conosceva, credo in lei da sempre, sono tra le persone che ha voluto l’edizione del suo libro per un grande editore italiano. So con certezza che tutto è nato spontaneamente, per dare vita alle voci della strada, per far parlare la Cuba nascosta, in un vero e proprio esorcismo personale, che permette a una giovane blogger di impersonare la protesta silenziosa e senza colore politico che corre lungo le strade dell’Isola. Il mio lavoro di traduzione è da sempre puro volontariato al servizio della verità e del popolo cubano che ha finalmente trovato il suo interprete. Non ci sono soldi della CIA, egregio Minà. Per favore la faccia finita con questa tiritera che ha stancato tutti. Non servono soldi per raccontare la verità, servono soltanto gli attributi che questa ragazzina dimostra di possedere.
Yoani Sánchez descrive con realismo la Cuba contemporanea, dalla parte del cittadino che giorno dopo giorno è costretto a inventare il modo per sopravvivere. I suoi brevi racconti sono dei bozzetti a metà strada tra la metafora e il realismo più crudo, immersi nella vita quotidiana delle due anime di Cuba, ricchi di riferimenti a scrittori del passato dimenticati dalla cultura ufficiale, come Padilla, Cabrera Infante, Arenas e Lima. Yoani sogna una Cuba trasformata in un luogo dove ci si possa fermare a un angolo e gridare: “In questo paese non c’è libertà di espressione!”. Perché vorrebbe dire che le cose sono cambiate e si può cominciare a pronunciare la parola libertà. Si dichiara disponibile a scambiare gli alimenti somministrati con la tessera del razionamento alimentare per una cucchiaiata di diritti civili, una libbra di libertà di movimento e due once di libera iniziativa economica. Percorre le strade di due città diverse, quella dei membri del partito, dei generali, dei dirigenti di Stato e quella della povera gente che vive nella desolazione dei quartieri periferici, nelle casupole cadenti e nei rifugi costruiti per i senza tetto. Vive un’utopia che non è più la sua e non vorrebbe lasciarla in dote ai suoi figli, analizza le contraddizioni di chi fatica a mettere insieme il pranzo con la cena ma sogna vestiti di marca e profumi. Assiste alle fughe di personaggi famosi e di semplici cittadini esasperati, critica il governo per le promesse disattese, ricorda il passato e analizza lo stato deplorevole della cultura di regime. Yoani si scaglia contro il doppio sistema monetario e narra la realtà del mercato nero, unica fonte di sostentamento, perché la maggioranza dei cubani vive di ciò che i venditori informali portano nelle loro case.
Tutto questo è davvero rivoluzionario. Altro che la retorica di regime!
Il grande giornalista amico di Fidel bacchetta pure L’Unità, rea di aver concesso troppa attenzione a Yoani Sánchez e perché cita spesso Freedom House, un’agenzia sovvenzionata dai governi di Washington, come riferimento indiscutibile per dare le pagelle sulla libertà di stampa. Dulcis in fundo pure Internazionale – nota rivista di destra con simpatie liberticide – finisce nel mirino del grande Minà. Il peccato di Internazionale sta nell’aver affidato alla Sánchez una rubrica fissa dove racconta la Cuba quotidiana.
Siamo alle solite. Il regime cubano mette in campo tutte le sue forze per controbattere il tentativo di raccontare il vero volto di Cuba, al di là dei giochi politici e della retorica di regime. Lasciatemi dire che preferisco la spontaneità di una piccola blogger come Yoani a un presidente presentabile come Chávez. A ognuno i suoi miti.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
***
Caro Gianni,
ti seguo e ammiro da anni, per questo mi sento legittimato a “rintuzzare” il tuo editoriale Le dimenticanze della bloggera di moda, Yoani Sánchez. Fermo restando il fatto che non conosco personalmente Yoani (se non per una sua stringata risposta a una mia email), ma conosco – virtualmente – il suo traduttore italiano Gordiano Lupi (www.infol.it/lupi), da sostenitore della Revolución cubana e soprattutto degli ideali del Che, ho comunque voluto affrontare alcuni testi di quella che tu definisci “bloggera di moda” assieme ai partecipanti del Grupo de Lectura en Español presso la Biblioteca Berio di Genova (http://blog.libero.it/GrupodeLectura/), coordinato dalla mia compagna, un’immigrata ecuatoriana, pure lei izquierdista e attiva sostenitrice del Correa che tu indichi tra i “presidenti presentabili”.
Inoltre, ho dibattuto sul fenomeno Yoani Sánchez con i miei alunni – sono insegnante di Lettere precario in procinto di essere tagliato dalla Gelmini pur dopo 13 anni di carriera, per questo anche molto attivo a livello sindacale-politico contro il “nostro” governo – e lo farò ancora, approfittando del tuo testo e della risposta che ti destina proprio Gordiano Lupi, a cui spero vorrai replicare.
Lo spero perché, vedi caro Gianni, penso che il Che lo farebbe!
Penso che il Che eviterebbe di schermarsi dietro vecchi stereotipi e eterne omissioni e affronterebbe il tema democrazia e libertà di espressione a Cuba in prima persona, esponendosi senza “protezioni” varie.
Per questo suo costume e modo di agire è stato assassinato.
Una mia cara amica brasileira, Maria Dirlene Trindade Marques, docente di Economia presso la UFMG di Belo Horizonte e soprattutto coordinatrice della locale cellula del FSM, il FSMMG, appunto, qualche tempo fa mi ha inviato una relazione di un suo recente viaggio a Cuba con le Brigate della Solidarietà, che enfatizza le conquiste sociali che pure tu enfatizzi nell’isola grazie alla Revolución. Ebbene, avevo già mandato a te questo testo – e non so che uso ne abbiate fatto – l’ho mandato pure a Gordiano, che, pur non condividendone tanti aspetti, l’ha pubblicato sul sito italiano di Generación Y.
Questo si chiama dibattito democratico. Che spero tu voglia accettare. Altrimenti rischi di passare per l’Emilio Fede di Castro, come ti chiama Gordiano.
E non credo ti piaccia.
Sperando di non essere considerato ingenuo come il tuo altro lettore che citi, ti auguro comunque buon Lavoro!
Roberto Marras
ti seguo e ammiro da anni, per questo mi sento legittimato a “rintuzzare” il tuo editoriale Le dimenticanze della bloggera di moda, Yoani Sánchez. Fermo restando il fatto che non conosco personalmente Yoani (se non per una sua stringata risposta a una mia email), ma conosco – virtualmente – il suo traduttore italiano Gordiano Lupi (www.infol.it/lupi), da sostenitore della Revolución cubana e soprattutto degli ideali del Che, ho comunque voluto affrontare alcuni testi di quella che tu definisci “bloggera di moda” assieme ai partecipanti del Grupo de Lectura en Español presso la Biblioteca Berio di Genova (http://blog.libero.it/GrupodeLectura/), coordinato dalla mia compagna, un’immigrata ecuatoriana, pure lei izquierdista e attiva sostenitrice del Correa che tu indichi tra i “presidenti presentabili”.
Inoltre, ho dibattuto sul fenomeno Yoani Sánchez con i miei alunni – sono insegnante di Lettere precario in procinto di essere tagliato dalla Gelmini pur dopo 13 anni di carriera, per questo anche molto attivo a livello sindacale-politico contro il “nostro” governo – e lo farò ancora, approfittando del tuo testo e della risposta che ti destina proprio Gordiano Lupi, a cui spero vorrai replicare.
Lo spero perché, vedi caro Gianni, penso che il Che lo farebbe!
Penso che il Che eviterebbe di schermarsi dietro vecchi stereotipi e eterne omissioni e affronterebbe il tema democrazia e libertà di espressione a Cuba in prima persona, esponendosi senza “protezioni” varie.
Per questo suo costume e modo di agire è stato assassinato.
Una mia cara amica brasileira, Maria Dirlene Trindade Marques, docente di Economia presso la UFMG di Belo Horizonte e soprattutto coordinatrice della locale cellula del FSM, il FSMMG, appunto, qualche tempo fa mi ha inviato una relazione di un suo recente viaggio a Cuba con le Brigate della Solidarietà, che enfatizza le conquiste sociali che pure tu enfatizzi nell’isola grazie alla Revolución. Ebbene, avevo già mandato a te questo testo – e non so che uso ne abbiate fatto – l’ho mandato pure a Gordiano, che, pur non condividendone tanti aspetti, l’ha pubblicato sul sito italiano di Generación Y.
Questo si chiama dibattito democratico. Che spero tu voglia accettare. Altrimenti rischi di passare per l’Emilio Fede di Castro, come ti chiama Gordiano.
E non credo ti piaccia.
Sperando di non essere considerato ingenuo come il tuo altro lettore che citi, ti auguro comunque buon Lavoro!
Roberto Marras
6 commenti:
La risposta di Yoani!!!
http://www.desdecuba.com/generaciony/?p=921
Mayo 9th, 2009
La improbable entrevista de Gianni Minà
Toda una retórica –tan extendida en los años sesenta del siglo pasado- da sus coletazos moribundos en este milenio que recién comienza. Es una forma de discutir que me recuerda a las “barricadas”, en eso de parapetarse y lanzarle al oponente –desde un lugar seguro- insultos en lugar de argumentos. Gianni Minà ha desempolvado un poco esa gastada artillería. El arsenal que ha arrojado sobre mí se compone de las acusaciones de que soy fabricada desde el Norte y que he olvidado mencionar –premeditadamente- las ventajas del actual sistema cubano. Para concluir, me repite el estribillo de que soy una “desconocida” en Cuba, olvidando que siempre he alardeado de mi pequeñez y mi insignificancia.
Minà, sin embargo, sí tiene un historial de grandes acciones. Logró entrevistar a quien ha regido los destinos de mi país por cinco décadas, cuando los propios cubanos no hemos podido cuestionarlo o responderle con una boleta dejada en la urna. El libro resultante de aquel encuentro estuvo en las librerías durante los años en que yo pensaba abandonar el preuniversitario, por no tener zapatos que ponerme. Del lado de acá y lejos de las vitrinas donde se exhibía la extensa entrevista en una edición de lujo, algo muy diferente ocurría: los bolsillos se vaciaban, la frustración crecía y el miedo campeaba. Ninguno de esos puntos aparecía en las alabadoras frases de aquella publicación y el autor no ha querido hacer una segunda entrega para reparar esos olvidos.
Me gustaría sugerirle un par de preguntas para un nuevo encuentro entre él y Fidel Castro, que probablemente jamás ocurrirá. Indague usted señor Minà –usted que puede hablar con Él- por qué no decreta una amnistía para Adolfo Fernández Saínz y sus colegas, que ya cumplieron seis años de prisión por delitos de opinión. Anote en su agenda, por favor, las dudas que tiene mi vecina sobre la negativa para que su hermano entre a Cuba, después de “desertar” en medio de un congreso en el extranjero. Transmítale la interrogante de mi hijo Teo, quien no entiende que para estudiar en el nivel superior deba cumplir con una serie de requisitos ideológicos.
Si usted puede acercarse a Él -más de lo que cualquiera de nosotros lograría- pídale que deje a estos “desconocidos” ciudadanos asociarse, fundar un periódico, crear una emisora de radio, postular a un presidente o disfrutar de ese derecho -que usted ejerce a plenitud- de escribir públicamente opiniones muy diferentes a las del gobierno de su país. Le aseguro que esa entrevista –la que usted nunca hará- será un bestseller en esta Isla.
Di seguito il mo commento sul sito di Yoani:
Yo espero que esta entrevista improbable occurra. Pero al menos espero que Minà conteste, en un debate democratico y sin insultos o retórica. Tengo miedo que no lo haga, aunque Gordiano Lupi y yo también lo estimulamos. Si no lo hará, demostrará él mismo de no ser tan diferente de los media italianos que él critica siempre por ser parciales y deshonestos.
La risposta di Yoani tradotta da Gordiano Lupi:
http://www.desdecuba.com/generaciony_it/?p=306
L’improbabile intervista di Gianni Minà
Tutta una serie di argomentazioni retoriche - così ampie negli anni Sessanta del secolo passato - muovono i loro colpi di coda moribondi in questo millennio da poco cominciato. È un modo di dibattere sullo stile delle “barricate”, ci si sistema dietro ai parapetti e da un luogo sicuro si lanciano insulti all’indirizzo degli oppositori, invece di argomentazioni. Gianni Minà ha spolverato una parte di quella consumata artiglieria. L’arsenale che ha riversato sopra di me è composto dalle solite accuse: sono una creatura del Nord e ho dimenticato in maniera predeterminata di ricordare i vantaggi dell’attuale sistema cubano. Per concludere mi ripete il ritornello che sono una “sconosciuta” a Cuba, dimenticando che mi sono sempre vantata di essere una persona piccola e insignificante.
Minà, invece, possiede un curriculum di tutto rispetto. È riuscito a intervistare l’uomo che ha retto i destini del mio paese per cinquant’anni, mentre noi cubani non abbiamo mai potuto rivolgergli domande o rispondergli con un voto depositato nell’urna. Il libro che è uscito fuori da quell’incontro veniva esposto nelle librerie negli anni in cui pensavo di abbandonare il liceo, perché non avevo scarpe da mettermi. Dalla nostra parte e lontani dalle vetrine dove veniva esibita l’ampia intervista in edizione di lusso, succedevano cose molto diverse: si svuotavano le tasche, cresceva la frustrazione e prendeva campo la paura. Tuttavia non comparivano simili osservazioni nelle frasi elaborate di quella pubblicazione e l’autore non ha ritenuto opportuno pubblicare una seconda edizione per riparare a certe dimenticanze.
Mi piacerebbe suggerirle un paio di domande per un nuovo incontro tra lei e Fidel Castro, che probabilmente non avverrà mai. Indaghi signor Minà - lei che può parlare con Lui - come mai non decreta un’amnistia per Adolfo Fernández Saínz e i suoi colleghi, che hanno già scontato sei anni di galera per delitti di opinione. Annoti nella sua agenda, per favore, i dubbi della mia vicina sul divieto di entrare a Cuba pronunciato nei confronti del fratello, dopo “aver disertato” durante un congresso all’estero. Trasmetta l’interrogativo di mio figlio Teo, che non comprende come mai per essere ammesso agli studi del livello superiore deve dimostrare di possedere una serie di requisiti ideologici.
Se lei può avvicinarsi a Lui - più di quanto è stato mai possibile a ogni cubano - gli chieda di permettere a questi “sconosciuti” cittadini di associarsi, fondare un giornale, creare un emittente radiofonica, fare domande a un presidente o sfruttare un diritto - che lei esercita senza limiti - di scrivere pubblicamente opinioni molto diverse rispetto a quelle del governo del suo paese. Le assicuro che quella intervista - che lei non farà mai - diventerà un best seller su questa Isola.
La mia ultima email a Yoani, seguita dalla sua risposta.
giovedì 7 maggio 2009 17.54
¡Hola Yoani!
¿Como estás?
Pienso que ya sabes que aqui en Italia un famoso periodista castrista, Gianni Minà, ha escrito un artículo contra ti, donde te considera una agente de la CIA y dice que tú no hablas nunca de las cosas buenas que hay en Cuba, que en otros países como el México de Calderón o la Colombia de Uribe hay muchos que escriben contra el régimen de estos dos presidentes criminales amigos de los americanos, pero nadie aqui les da la importancia que dan a ti, etc.
Me gustaria mucho, un día, que tú puedas salir sin problemas de tu país y venir a debatir con Minà y los otros italianos que piensan que en Cuba hay el paraíso, como decía una canción de un cantante italiano.
Entonces, estas mentiras “útiles” serán desmentidas.
Y, mira, ya que conozco un poco la América latina, sé muy bien que en los otros países latinos tampoco hay el paraíso, por causa de factores internos y sobre todo externos.
Pero esto no puede justificar la dictadura castrista, que con el pretexto de defender la Revolución cubana y vanagloriandose de conquistas sociales seguramente importantes, corta la libertad de expresión y de movimiento del pueblo. Solo para mantener el poder.
Yo estoy muy feliz de haber promovido la lectura de tus entradas entre los participantes de nuestro Grupo de Lectura en Español de la Biblioteca Berio de Genova (http://blog.libero.it/GrupodeLectura/), espero que pudiéremos contribuir a la justa divulgación de tu fama.
Hasta Gianni Minà, mismo hablando mal de ti, está haciendo esto, porque una firma tan prestigiosa como la suya por supesto estimulará los lectores a comprar tu libro J
¡Suerte!
Roberto
***
lunedì 11 maggio 2009 22.44
Amigo Roberto:
Qué bueno seguir contando con tu apoyo.
Comprendes muy bien la realidad cubana y coincidimos en que la perdida de libertades no puede ser justificada por ninguna conquista social (por muy importante que esta sea).
Ya he respondido al Sr Miná en el blog y también nuestra amigo Gordiano ha escrito sobre el tema.
Espero que como tú dices, este hecho estimule a los lectores a buscar el libro. Esa sería la mejor respuesta que se puede dar las erróneas apreciaciones del señor Gianni Mina.
Seguimos en contacto.
Un abrazo desde La Habana
Yoani
La mia ultimissima email a Yoani, ovviamente ancora senza risposta.
¡Hola Yoani!
¡Qué bueno para mi seguir recibiendo tus respuestas!
Gordiano me dijo: "Yoani contesta, si ve que el interlocutor merece. Es el tiempo que le falta".
Entonces, ¡para mi es una grande honra!
Me gustaría contarte que estoy proponiendo a mis alumnos - chicos de 16 años más o menos: yo soy professor de Literatura y Historia - la lectura del artículo de Minà, de la respuesta de Gordiano y la próxima vez (mañana) de tu respuesta también. Por el momento los chicos se mantienen neutrales - pero son una clase bastante receptiva, a pesar de la idad -, seguramente porque saben poco y lo que saben es viciado por los estereotipos.
Mi finalidad es estimular su reflexión sobre la importancia de la libertad de expresión y movimiento.
Y sobre la libertad de gozar realmente del bienestar o de lo que se presume sea tal.
Los impresioné bastante cuando expliqué lo que es una libreta de racionamiento alimentar, que en verdad no puedo conocer tampoco (aunque nuestro gobierno ahora se inventó la social card para los viejos pobres), pero conté a ellos lo que me contó mi mami de la época de la guerra y de los meses luego seguintes. Hay una entrada tuya, Hijos de la crisis (http://www.desdecuba.com/generaciony/?p=778), donde cuentas: "Cuando era pequeña, mi madre me obligaba a comerme toda la comida. La frase para vaciar el plato era: “no dejes ni una cucharada, que hay otros niños en el mundo que no tienen nada que llevarse a la boca”." Bueno, mi madre me decía: “no dejes ni una cucharada, que durante la guerra tus tíos no tenían nada que llevarse a la boca”.
Yo todavía detesto cuando veo el desperdício de comida, sobre todo entre los jovenes, sobre todo si obesos.
De todos modos, mis alumnos, por mi satisfacción, hicieron este comentario sobre la libreta: "¡mas este sistema favorece la corrupción!". Les dije que estoy seguro que si hay obesos en Cuba, son los que tienen el poder o que son privilegiados por él.
Los impresioné también explicando el embuste del peso convertible, de los dolares del turismo que benefician solo los que están al poder y los sinvergüenza pero no la gente común.
Bueno, a propósito de esto, tengo que decirte que los bancos de aquí tal vez sean mucho más sinvergüenza que los poderosos de ahí. Solo que al menos ustedes se dan cuenta del embuste, aqui todo el mundo parece anestesiado.
Cuando vendrá la democracia y la libertad en Cuba, ustedes tienen que tomar cuidado de no dejar que suceda lo que sucedió en Russia después de la caída del socialismo: todos los russos que conozco me dicen que estaban mejor cuando estaban peor :-). El neoliberismo en Russia favoreció solo los sinvergüenza.
Concluyo diciendote que con esta misma clase el próximo lunes vamos a visitar la Fiera del Libro de Torino: para ellos será un momento especial cuando estarán cerca de tu libro. ¡Qué lastima que no podamos ir el sábado, cuando Gordiano va presentarlo!
De todos modos, la próxima semana voy a contarte más sobre la reacción de mi chicos.
¡Suerte y un grande abrazo!
Roberto
La Stampa di torino pubblica la versione italiana del blog Generación Y di Yoani Sánchez
Traduzione e cura di Gordiano Lupi – www.lastampa.it/generaciony www.lastampa.it/sanchez
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