Ceviche a colazione... il mio primo libro!

23 maggio 2013

RM Pro Iure Soli

Mi chiamo RM.
Che non è Rigoberta Menchú. Molto più famosa. Anche premio Nobel.
Una donna maya quiché che è stata aiutata a scrivere e pubblicare un libro diventato popolare, in cui rivendica i suoi diritti di donna e indigena.
No, io più prosaicamente mi chiamo Roberto Marras. Stesse iniziali, ma genere diverso, diciamo, e non scrivo questo breve testo-testimonianza per rivendicare i miei diritti, ma quelli dei miei simili, che poi è la stessa cosa, anche se la maggioranza non lo capisce.
Sono un insegnante di Lettere di Genova.
E proprio stamattina ho scoperto che un mio alunno siciliano, tra i più brillanti della sua classe, in realtà, per la legge, non è siciliano, tanto meno italiano, è extracomunitario, perché figlio di albanesi, per quanto nato in Sicilia.
A dirla tutta, che fosse figlio di albanesi, lo sapevo, ma il suo forte accento siciliano non mi aveva mai fatto dubitare della sua sicilianità, cioè della sua italianità. Che, anzi, non considero in discussione nemmeno ora che so che non ha la cittadinanza italiana e che, quindi, tra un paio d'anni, quando compirà 18 anni, rischia anche di essere considerato un clandestino e magari finire detenuto in un CIE, uno dei nuovi lager, come è successo a tanti che hanno passato la maggior parte della loro vita in Italia, hanno famiglie e figli italiani, ma, per una ragione o per l'altra, non sono mai riusciti a conseguire la cittadinanza italiana, che è cosa quasi difficile quanto riuscire a vincere al superenalotto.
E se non ci finirà lui in un CIE, magari ci finirà suo padre, sua madre, un suo familiare...
Atto criminale.
Sì, perché soprattutto a noi docenti di Lettere ci chiedono di commemorare il Giorno della Memoria, quello che è successo 70 anni fa agli ebrei – non solo agli ebrei invero, preciso sempre, ma anche agli oppositori politici, agli zingari, agli omosessuali, ai disabili, ai testimoni di Geova, agli slavi in genere a un certo punto della endlösung –, fatto che a me personalmente sensibilizza molto, anche perché un fratello di mia nonna paterna, per la sola colpa di aver sposato una donna di religione ebraica, è finito a Auschwitz con lei.
Atto criminale.
Il nazismo, certo. Ma oggi non sta succedendo la stessa cosa?
Non sono certo l'unico che ha notato come quelli che ora si chiamano CIE, in virtù del cosiddetto pacchetto sicurezza dell'ultimo governo Berlusconi, ma che prima si chiamavano CPT, istituiti dalla legge Turco-Napolitano durante il governo di centrosinistra di D'Alema, altro non sono che i nuovi lager dove di nuovo sono detenute delle persone per quello che sono e non per quello che hanno fatto.
Eh, ma non li uccidono mica!
Qualcuno m'ha detto.
Non si possono mettere le due cose sullo stesso piano!
M'ha detto un altro.
Poi però non mi sanno spiegare perché non si dovrebbero mettere sullo stesso piano le due cose... Forse perché noi siamo la democrazia, i buoni, mentre quelli erano il nazismo, i cattivi?
Ma i risultati non sono gli stessi?
Anche il fatto che non li uccidano non è mica poi così scontato. I pochi dati che si riescono a far filtrare dalla cortina di silenzio e divieti che circonda i CIE dicono che tra i detenuti c'è un'alta percentuale di “suicidi”.
Forse che l'unica differenza è piuttosto che le vittime del nazismo erano comunque degli europei bianchi, magari il vicino di casa (tradito), mentre i detenuti nei CIE non sono altro che degli extracomunitari perlopiù scuri di pelle e quindi chissenefrega?!
Vabbe', sorvoliamo. Anzi, stendiamo un velo pietoso.
Ma non dimentichiamo.
Il Giorno della Memoria. Tutti i giorni.
Torniamo piuttosto sul mio alunno siciliano che però non è italiano. Anche se è tra i più brillanti della sua classe, in Italiano e non solo. Anche se è nato in Sicilia. Anche se i suoi genitori, pur nati in Albania, vivono, lavorano e pagano le tasse in Italia da oltre due decenni. Anche se sono più italiani loro di tanti Italiani. “Che vuoi che ti dica? Tu sei nato qui perché qui ti ha partorito una f***”, dice Caparezza.
Mi viene spontaneo e logico comparare la situazione di questo mio alunno siciliano, invero per la legge italiana albanese extracomunitario, con quella di due ragazze brasiliane, tra cui una mia ex fidanzata – sì, perché ho vissuto e lavorato in Brasile, presso una scuola italiana, per ben quattro anni quasi cinque – che nel non troppo lontano 2005 ho aiutato a conseguire la cittadinanza italiana in grazia del famoso e controverso ius sanguinis.
Le due ragazze in questione, Kátia (si pronuncia Kàcia, con lo iato tra i e a), di Barbacena vicino a Belo Horizonte, la mia ex, e Clarissa (si pronuncia più o meno come in italiano, ma senza enfatizzare troppo la doppia ss), di Porto Alegre, sono diventate cittadine italiane.
Perché hanno entrambe due bisnonni che furono italiani, verso la fine dell''800.
Emigrati in Brasile, ovviamente.
Il bisnonno di Kátia da un paesino del Friuli. E quindi era anche un po' austriaco, invero.
Il bisnonno di Clarissa da un paesino della Lombardia, se non ricordo male.
E grazie a questi bisnonni che avevano rinunciato a essere italiani, per sfuggire la miseria dell'Italia contadina di allora, queste due ragazze brasiliane, in tutto e per tutto brasiliane, sono diventate anche cittadine italiane.
Kátia, nel breve tempo che ha vissuto in Italia, non ha apprezzato quasi nulla dell'Italia. Se non la focaccia e il pesto. Che poi sono specialità tipiche genovesi, come è noto. Che poi, il pesto, preferiva abbinarlo al pão de queijo (si pronuncia, più o meno, paun gi cheisgiu), che in effetti era un abbinamento notevole. Lo consiglio. Un po' come la mia collega calabrese che, a Tunisi – eh sì, ho vissuto e lavorato anche alla Scuola Italiana di Tunisi – adorava abbinare i datteri freschi al mascarpone. Straordinario!
Ma gli italiani proprio non è arrivata ad apprezzarli, li ha trovati bem chatinhos!
Noiosetti, diciamo.
Meno che mai è arrivata a imparare l'italiano. In Italia frequentava solo brasileiros e parlava sempre portoghese, anche con me. Poi, ovviamente, siccome tutte le donne sono orientate a dare la colpa dei loro difetti agli uomini, diceva che era colpa mia se non imparava l'italiano, perché con lei io parlavo solo portoghese... Per forza! Lei mi parlava in portoghese e anche se io le rispondevo in italiano, poi mi toccava ripetere in portoghese perché lei non capiva!
Ma sorvoliamo. In tal caso, sorvoliamo. E basta.
Quel che m'importa piuttosto sottolineare è che Kátia e Clarissa sono diventate molto facilmente cittadine italiane, pur non avendo nulla di italiano e pur non essendo nemmeno rimaste a vivere in Italia.
Kátia è tornata in Brasile, a mostrare fiera – e niente più – il suo passaporto italiano ai suoi parenti “italiani” – che io ho anche conosciuto: l'unica cosa di italiano che avevano era un quadretto di re Umberto I con la regina Margherita e il resto della famigliola reale, che mi hanno orgogliosamente detto che l'aveva portato il loro antenato immigrato in Brasile. Io, impietosamente, lo ammetto, gli ho risposto che pochi anni dopo che il loro antenato era immigrato in Brasile, re Umberto I fu assassinato da un altro emigrato italiano, l'anarchico pratese Gaetano Bresci dagli USA, che voleva vendicare i poveracci che nel maggio 1898 furono massacrati a Milano dal generale Bava Beccaris per ordine del re, per la sola colpa di chiedere pane e giustizia.
Gaetano Bresci in seguito fu assassinato in carcere.
Clarissa invece ha approfittato del suo passaporto italiano per emigrare più facilmente negli USA assieme al suo fidanzato polacco, maestro di tennis.
Invece il mio alunno siciliano è un albanese extracomunitario.
Complimenti.
Complimenti sinceri al genio italiano, che ha ideato questa legge così lungimirante, logica e razionale, degna della tradizione umanistico-rinascimentale, degli scienziati più prestigiosi nati nel nostro Bel Paese.
Un Pico della Mirandola, un Leonardo, un Galilei, un Marconi, un Fermi non avrebbero saputo pensare una legge migliore!!!
La legge dello ius sanguinis... che permette a tanti stranieri di dirsi italiani e fa sì che tanti italiani siano considerati extracomunitari e magari clandestini.
Davvero degna della miope e ipocrita tradizione nazionalista italiana!
Quella, per intenderci, che prima si è appoggiata ai Francesi, poi li ha traditi per passare ai Tedeschi, poi ha tradito anche questi per passare agli Inglesi, poi ha tradito anche questi per tornare ai Tedeschi, poi ha ritradito di nuovo questi per passare agli USA, che tuttora detengono la sovranità sul nostro Bel Paese e anche sul suo nazionalismo.
Appunto.
Ma sorvoliamo. Anzi, stendiamo un velo di vergogna.
E cambiamo la legge!!!

1 commento:

Anonimo ha detto...

12/6/2013
Io la ringrazio profondamente per questo testo, Le faccio i miei complimenti senza analizzare nulla e con tanta modestia Le dico: a prescindere che si tratta di mio figlio (perché poteva essere chiunque), quelle poche righe rappresentano le mie idee, per le quali lotto da tempo.
Rappresentano tutta la mia vita vissuta in Italia, come dice Lei da extracomunitaria e se Le parlo da tale, rispondo, che mi sono sentita capita da qualcuno almeno.
E Lei con questo testo ha dato voce alla mia lotta e quella dei miei figli.
Grazie!
Lo straniero è chi si sente di esserlo, non chi lo è!
Le porgo i miei cordiali saluti!
La mamma del suo alunno siciliano.