Ceviche a colazione... il mio primo libro!

10 gennaio 2015

Diritto di bestemmia o razzismo?

La strage alla Charlie Hebdo, a cui si aggiunge quella compiuta in occasione del conflitto a fuoco tra le Forze dell'Ordine e gli attentatori “terroristi”, è già stata, e lo sarà ancora, commentata, stigmatizzata, condannata, ecc.
Un aspetto che sicuramente merita di essere ulteriormente approfondito è il principio per cui sarebbe stata commessa, che, in una sola parola, può essere definito nella bestemmia, o meglio, nella punizione della bestemmia.
Vorrei rilevare nei confronti di quanti ora s'indignano nei confronti del mondo islamico perché la sua cultura religiosa di riferimento sarebbe l'ispiratrice di questa strage, come invero si tratti di un carattere che l'islam ha senz'alro in comune con la nostra cultura occidentale di matrice cristiana: i poteri consolidati dell'Occidente cristiano non hanno mai avuto pietà nei confronti dei cosiddetti bestemmiatori, messi al rogo come eretici, bollati come captivi diaboli, devoti di Satana, condannati all'inferno, infine denunciati per vilipendio alla religione.
Arriverei anzi a dire che l'islam ha derivato questo carattere proprio dalla cultura cristiana, non fosse altro perché l'islam è comunque posteriore e tanto deve invero al cristianesimo, in particolare proprio quel senso di identità religiosa che è anche e soprattutto politica, servita a Mohamed per unificare tutte le tribù arabe onde in seguito conquistare l'impero che sarebbe diventato il califfato, e nei confronti della quale ogni dissidenza è eresia, da demonizzare e condannare con pene severe.
E nel cristianesimo cattolico, per esempio, tuttora basta non credere al dogma della verginità della Madonna – grossolana panzana, in effetti, per giunta basata su un errore voluto di traduzione (παρθένος in greco antico non vuol dire “vergine”, vuol dire “giovane donna non sposata”, non necessariamente vergine) – per essere considerato blasfemo.
Personalmente trovo molto più blasfemo un papa che si considera ed è considerato rappresentante di Dio in Terra, tanto più che mi pare un'idea un tantino superba, e la superbia, proprio nella teologia cattolica, è il peccato capitale più grave, com'è noto, il peccato di Lucifero, erede della ὕβϱις della cultura greca, che provocava lo ψόγος θεών.
Trovo in generale blasfemi e diabolici tutti quelli che a vario titolo si mettono in bocca la parola Dio e con essa pretendono di condizionare la vita altrui. O addirittura di togliergliela.
Trovo blasfemo l'8 x mille e non solo quello alla Chiesa cattolica, nonché gli USA che bombardano e massacrano in nome della democrazia e della difesa dei diritti umani, per esempio delle donne musulmane oppresse dai loro uomini, in Afghanistan e altrove.
Per questo penso che la bestemmia tradizionalmente considerata tale sia invece un diritto, il diritto alla dissidenza nei confronti di tutte le forme di potere, specie se oppressivo sin nel profondo delle coscienze, condizionate dai vari dogmi imposti appunto dal potere come instrumentum regni.
Diverso però è il discorso se la bestemmia, spacciata appunto come diritto di dissidenza, nel contesto di un altro diritto importante che è la libertà d'espressione, è usata per colpire una cultura “altra” e solo quella, perché allora il diritto di dissidenza e espressione si macchia di aggressione razzista.
Non saprei infatti se nella rivista Charlie Hebdo sono comparse solo vignette blasfeme o considerate tali sull'islam (come già quelle danesi di qualche anno fa) o anche sulle istituzioni cristiane e in genere occidentali. In quest'ultimo caso la rivista farebbe della satira indistintamente su tutti e penso che sia un pieno diritto sempre di tutti, nel primo caso farebbe il gioco della componente razzista-colonialista della cultura e del potere occidentali. E non credo che sia un comportamento da approvare e accettare, per quanto sia pacifico che non si può tanto meno giustificare quanti uccidano per questo.
Gli stragisti della Charlie Hebdo, del resto, hanno seguito un orientamento che non si richiama tanto allo spauracchio di al qaida – su cui rimangono tanti dubbi –, né risale comunque all'attentato delle Twin Towers e ai fatti recenti del cosiddetto terrorismo islamico, ma è stato semmai dettato dalla condanna a morte che l'allora ayatollah Khomeini, dall'Iran, nel 1988, subito dopo gli 8 anni di guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein appoggiato e armato dagli USA, lanciò contro Salman Rushdie reo di aver pubblicato il romanzo Versetti satanici bollato come blasfemo, appunto.
Una condanna che ha rappresentato del resto l'occasione in cui il mondo islamico iniziò a rialzare la testa nei confronti di quasi due secoli di colonialismo occidentale. Da allora, infatti, si è cominciato a parlare di islamismo, inteso come reazione aggressiva alle prevaricazioni altrettanto aggressive dell'Occidente, di cui imita i modi, però, snaturando la stessa tradizione islamica che è invece una tradizione di sostanziale tolleranza: gli ebrei che fuggirono dalla Spagna onde evitare di essere arsi vivi, non a caso si rifugiarono nei territori islamici.

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