Ceviche a colazione... il mio primo libro!

19 marzo 2008

Vexata Quaestio

http://www.manifestosardo.org/?p=398 è la pagina web de il manifesto sardo dove Mauro Perra, affermato archeologo attivo in Sardegna, si è prodotto nell'ennesimo attacco contro Sergio Frau, in particolare contro la sua tesi dello tsunami. Ha ricevuto il sostegno del Prof. Ignazio Camarda, nei commenti.
Io, voce fuori del coro, ho invece scritto il seguente commento al suo articolo (di seguito propongo tutto l'articolo e gli altri commenti, tra cui uno, simpatico, di una turista ungherese):
Gentili Proff. Perra e Camarda,
ammesso e non concesso che abbiate ragione Voi in relazione alla “pseudo-teoria di Frau, talmente strampalata da fare più acqua del supposto tsunami di 500 m di altezza”, quello che invece a me sfugge, semplice docente di Lettere delle Superiori, ma con solidi studi di Storia Antica alle spalle, è il perché di tanta acrimonia da parte Vostra nei confronti di un personaggio, sia pure atipico, che comuque ha il merito di aver decisamente scosso l’ambiente degli studi sulla Sardegna antica. E forse è questo che non gli perdonate.
In cosa ha torto Frau? Vi riconosco che la tesi dello tsunami è il suo punto più debole, ma merita una verifica e non insulti e pregiudizi che niente hanno a che fare con il metodo storico.
Ma che mi dite dello “spostamento” delle Colonne d’Ercole al Canale di Sicilia, che corregge secoli di interpretazioni errate di notizie dei geografi antichi?
Che mi dite della valorizzazione legittima della civiltà nuragica, suppostamente shardana-tirrenica-pelasgica, che esce quindi da un dimenticatoio che puzza tanto di colonialismo culturale antico di millenni?
E il mito di Atlantide, su cui ironizzate tanto? Per i Greci dell’epoca di Platone è indubbio che tale nome significasse solo “Paese d’Occidente”, a prescindere dalle etimologie e dai tanti miti sulla stirpe degli Atlantidei. Poi, lo stesso Platone fa un uso “politico” del mito, ma questo non ne fa scadere l’importanza.
Credo che ci vorrebbe più onestà intellettuale…
Il mare dentro i nuraghi
16 Febbraio 2008
Mauro Perra
La costruzione ideologica di percorsi identitari accompagna - non solo in Sardegna ma in tutta Europa, e in particolar modo dall’Ottocento - lo sviluppo dei nazionalismi. L’invenzione della tradizione di Eric J. Hobsbawm e Terence Ranger (edito in Italia da Einaudi) uno dei testi fondanti, non solo a sinistra’ su tale problema.
Variante forse meno nobile di tale costruzione, ma con morfologie adeguate ai tempi contemporanei, è approdata da qualche anno anche da noi - dopo decine di identificazioni fantasiose - l’affascinante questione di Atlantide (consigliamo su questo tema, di vastissima bibliografia, il recente e splendido saggio Atlantide. Breve storia di un mito, del grande storico Pierre Vidal-Naquet, da poco scomparso).
La marcata presenza dell’ “isola non trovata” nella stessa discussione politica sarda ne fa un motivo ulteriore d’interesse: la troppo lunga ‘cultura della dipendenza’ ha prodotto in Sardegna un senso di rivalsa, per cui la possibile origine atlantidea, superando ogni difficoltà e talora il senso del ridicolo, è diventata fortemente attrattiva.
La non accettabile omologazione di metodi scientifici e non a pari dignità (classica morfologia della ‘società dello spettacolo’ coniugata con la potenza dei nuovi media), e l’uso ideologico di tali metodi e dati, ci ha suggerito di proporre le testimonianze scientifiche di chi ha operato in prima persona nei più importanti monumenti nuragici, proprio quelli citati come prova del gigantesco tsunami che, poco dopo il 1200 a.C., si sarebbe abbattuto sulla civiltà nuragica causandone la scomparsa (e, da lì, la nascita della leggenda di Atlantide). Sono lavoratori cognitivi sardi, esperti e scienziati, direttamente attivi nei ‘luoghi del fango’ quelli ai quali daremo volta per volta la parola. Una vera Storia della Sardegna, e dell’identità, non può ignorare i dati della scienza.
Oggi tocca all’archeologo Mauro Perra, Direttore del Museo di Villanovaforru.
Sono anni oramai che spopola l’idea che la Sardegna dell’età del bronzo, quella dei nuraghi per intenderci, sia da identificare con la mitica Atlantide di Platone, distrutta da Poseidone con una poderosa onda d’ingressione marina che ne cancellò la civiltà. Da qui la proposta che il collasso strutturale dei nuraghi e della loro società sia da imputare ad un catastrofico tsunami. L’analisi che porta dal mito alla storia, cioè quella della ricerca di un fondamento storico nei racconti leggendari, analisi complessa e non priva di trappole, vista la “plasticità” del mito, così facilmente soggetto a manipolazioni, è un’operazione che spesso viene proposta da storici ed archeologi e verificata o falsificata grazie ai dati che la ricerca scientifica mette a disposizione degli studiosi. L’Archeologia è una scienza interpretativa, cioè densa di significati, che si fonda su un metodo sperimentale che gli proviene dalla Geologia: il metodo stratigrafico. Tale metodo si basa sulla semplice constatazione che gli avvenimenti naturali e le azioni umane si materializzano in strati sovrapposti l’uno sopra l’altro, dei quali quelli superiori sono i più recenti, cioè più vicini a noi nel tempo, mentre quelli più profondi sono anche i più antichi. L’interpretazione è discutibile, è opinabile; il metodo no. Questo vuol dire che per essere significante l’interpretazione non può comunque prescindere dalla rigida applicazione del metodo stratigrafico. Sulla base di questi assunti possiamo ora sottoporre ad analisi la teoria dello tsunami e verificarne o smentirne i presupposti.
E qui entriamo nel vivo dei problemi. Secondo Sergio Frau, l’autore della proposta atlantidea, le prove dell’avvenuta catastrofe naturale sarebbero nascoste nelle stratigrafie di tutta una serie di nuraghi interessati dall’azione dell’onda anomala, specie nella piana del Campidano e nel Sinis, e sarebbero già state evidenziate dagli scavi del nuraghe Su Nuraxi di Barumini nonché, e questa è una recente proposta, nel nuraghe Genna Maria di Villanovaforru. Giovanni Lilliu scavò il nuraghe di Barumini alla fine degli anni ’40 del Novecento applicando rigorosamente il metodo stratigrafico, ne descrisse e ne interpretò i dati nel poderoso volume “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” del 1955, che è stato di recente ristampato (2007) per i tipi della Carlo Delfino Editore. Già dal 1955 dunque abbiamo la disponibilità dei dati che ci consentono di verificare o smentire la proposta di Sergio Frau, il quale sostiene che il nuraghe di Barumini venne ricoperto da uno strato di fango alluvionale per una potenza di trenta metri. Prima osservazione: la torre centrale entro il bastione quadrilobato è alta 14,10 metri sull’attuale piano di calpestio e, come si evince dalle vecchie foto in bianco e nero scattate prima dello scavo, le pietre sommitali erano esposte e non coperte dal fango. Ma Lilliu fa di più; egli ci descrive minuziosamente la composizione del deposito da lui scavato in alcuni casi corredando l’analisi con una serie di grafici che illustrano le stratigrafie. Da tutto ciò risulta che scavò una stratificazione complessa, nella quale rinvenne il sovrapporsi di strati di frequentazione umana alternati a fasi di abbandono, in un susseguirsi di vicende storiche che dagli strati più alti (moderni e medievali), attraversano la fase altomedievale, romano imperiale, romano repubblicana, punica e tardonuragica della fine del X- inizi del IX secolo a.C.
Non uno strato di fango di origine naturale quindi, ma il complesso succedersi delle vicende umane che hanno interessato il sito di Barumini dall’età del Ferro fino al momento dello scavo. Gli strati inferiori, sottostanti il villaggio nuragico del X-IX secolo a.C., quelli potenzialmente interessati dall’onda anomala, furono sondati solo episodicamente dal Lilliu, cioè non sottoposti a scavo in estensione, e di essi malauguratamente fino a pochi anni fa non ne conoscevamo la composizione e lo spessore. Sapevamo solamente, perché verificabile visivamente in alcuni settori del villaggio, che diverse capanne erano state costruite nell’età del Ferro sovrapponendo i muri su degli strati che contenevano i blocchi squadrati delle parti terminali del nuraghe (che quindi era già scapitozzato al momento della costruzione dell’insediamento). In anni recenti il villaggio è stato sottoposto ad intensi lavori di consolidamento da me coordinati per conto della Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano. In tale occasione sono stati effettuati, dopo cinquant’anni dagli scavi del Lilliu, dei sondaggi in profondità al disotto delle capanne del X-IX secolo a.C., che hanno esplorato lo strato del crollo, quello del fango secondo i sostenitori dello tsunami, in taluni casi fino alla roccia naturale sulla quale è costruito il nuraghe. Ciò che abbiamo trovato è uno strato di crollo dello spessore massimo di metri 1,50, contenente conci lavorati caduti dalle parti sommitali del nuraghe, frammisti all’argilla che componeva, insieme a ciottoli e pietre non levigate, il riempimento interno delle possenti mura del monumento. Nessuna traccia di alluvioni e di tsunamiti dunque, e men che mai della potenza di trenta metri. Quanto al nuraghe di Genna Maria di Villanovaforru ed al villaggio di capanne che lo circondano, del quale conosco la stratificazione per averci lavorato per quasi una decina d’anni, anche in questo caso l’insediamento del X-IX secolo a.C., coevo a quello di Barumini, si sovrappone a strati di crollo della sommità del nuraghe, confermando quanto già osservato nel caso precedente. I livelli sottostanti sono stati sottoposti a limitati sondaggi di scavo che attestano in taluni settori la presenza di strati di livellamento e preparazione per la costruzione delle capanne in muratura. Non è stata osservata la presenza di strati alluvionali, come è lecito attendersi da un sito costruito a ben 409 metri sul livello del mare! Com’è possibile che un’onda catastrofica di circa 500 metri di altezza abbia interessato la sola Sardegna, senza lasciare tracce visibili anche nel resto del Mediterraneo occidentale? E come è possibile che archeologi e geologi seri non si siano accorti in quasi due secoli di ricerche di un evento così distruttivo?
Ma torniamo alle nostre premesse. A coloro i quali escludono che in Sardegna si sia mai verificato uno tsunami in età nuragica, e sono numerosi, i fans di Frau obiettano che si tratta di un’interpretazione altrettanto legittima quanto quelle proposte dagli archeologi, che si pone sullo stesso piano e con pari dignità nell’ambito delle teorie che trattano dello sviluppo e della fine della civiltà nuragica. Non è così. Non è così perché in questa ricostruzione che non è una interpretazione, è totalmente assente il ricorso al rigoroso metodo stratigrafico, che nel caso di Barumini e Genna Maria ne smentisce clamorosamente i presupposti. La mancata applicazione del metodo e la costruzione di una teoria priva di solide fondamenta ci consente di sostenere che si tratti di una ricostruzione semplicistica di fenomeni complessi, il crollo delle civiltà, che richiedono livelli di analisi multifattoriali nei quali i fattori umani sono sempre preponderanti rispetto a quelli naturali. A queste conclusioni è arrivato perfino un geografo come lo statunitense Jared Diamond, che nel suo recente saggio “Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere” (Einaudi 2005) tratta abbondantemente, e con dovizia di esempi, l’argomento. L’archeologia non ha bisogno del sensazionalismo e della spettacolarizzazione mediante discutibili ricostruzioni che forse scaldano i cuori ma sono prive di cervello, che “tutto sommato sono una buona pubblicità per la Sardegna” pur trattandosi di pubblicità ingannevole. La civiltà nuragica è un tema affascinante di studio per esperti della materia e semplici curiosi che non ha certo bisogno di mistificazioni.

3 Commenti a “Il mare dentro i nuraghi”
Ignazio Camarda scrive:
1 Marzo 2008 alle 13:59
Caro Perra,
non capisco perché si perda tempo a contrastare questa pseudo-teoria di Frau, talmente strampalata da fare più acqua del supposto tsunami di 500 m di altezza, che avrebbe sconvolto non solo i nuraghi e le loro genti ma anche tutta la flora e la vegetazione di mezza Sardegna, ma di cui i botanici non hanno mai trovato traccia.
Non si rischia di mettere nello stesso piano il lavoro paziente e faticoso, di chi lavora con metodo scientifico e di quanti esercitano la fantasia trovando facile ascolto in settori che nulla hanno a che fare con ricerca scientifica, spesso piena più di dubbi che di certezze in questo mondo in cui facilmente si capovolgono le ragioni a vantaggio dell’improvvisazione e della faciloneria.
Cosa mi sfugge?
Ignazio Camarda
Mauro Perra scrive:
3 Marzo 2008 alle 12:39
Caro Camarda, ti sfugge un solo insignificante particolare. La pseudoteoria di Frau ha fatto breccia in alcuni insospettabili studiosi che lo hanno appoggiato anche nella sua richiesta di finanziamenti per verificarne i presupposti. In un momento nel quale la ricerca scientifica seria annaspa nella difficoltà di reperire finanziamenti, non è tollerabile lo sperpero di danaro pubblico in iniziative che non portano a nulla. Ho sentito colleghi dire: “Questo atteggiamento non è tollerabile. Inoltre i sostenitori dello tsunami ci rimproverano di rinchiuderci nelle nostre torri d’avorio. “. Per questi motivi ho scelto, non senza fatica, di dire la mia sulla questione.
Cordiali saluti
Mauro Perra
Noemi Takacs scrive:
11 Marzo 2008 alle 13:11
Buon giorno,
io sono solo una turista straniera chi ha visitato Su Nuraxi con marito e bimbo (qualche giorni fa: il 8 marzo 2008). Ci piaciuto tanto! É incredibile che potuto costruire (non capisco perche non é piú conosciuto - tutto il mondo parla di piramide…). Voglio ritornare con amiche.
Credo che é necessario dire: in uno libro di guidare (non in italiano) abbiamo letto achne noi da “tsunami” - non abbiamo creduto neanche per un minuto in questa ipotesa. Sono felice che ho trovato adesso questo articolo.
Sardegna non ha bisogno di cosi pubblicita - opinia mia.
Scusi per mio italiano, studio da pochi mesi.
Tanti auguri,
Noemi T. di Ungheria

8 commenti:

Roberto ha detto...

Ulteriori commenti, sempre alla stessa pagina de il manifesto sardo:

Maurizio Serra scrive:
19 Marzo 2008 alle 21:27
Sono un semplice lettore e non ho grandi competenze ma m’informo. E so che la teoria di Frau è grande e importante perchè rileggendo le parole degli antichi ci ha spiegato che le Colonne d’Ercole non erano dove sono ora e dove tutti i “ricercatori seri” come Lei (che però non sanno leggere) le hanno sempre immaginate. Ci dice poi che la Sardegna alla fine dell’età del bronzo era una potenza nel Mediterraneo, tanto da poterla identificare con il mito dell’Atlantide. Coerentemente, in questa nuova e produttiva lettura degli antichi, propone l’idea di seguirli fino in fondo e quindi di verificare l’ipotesi che la nostra meravigliosa Isola possa essere stata sconvolta da un grande cataclisma proveniente dal mare. Io ci vedo poco di strampalato. Tantissimi studiosi forse più preparati di questo sig. Perra lo stesso, l’Unesco pure.
Un saluto

Marcello Madau scrive:
20 Marzo 2008 alle 12:33
Il Manifesto Sardo ha scelto di offrire ai suoi lettori, in chiave di alta divulgazione, le notizie provenienti dalla ricerca scientifica archeologica, ampie ma poco note al pubblico ‘non specialistico’, perché molta costruzione attuale dell’identità sarda si basa su dati errati, ai quali sta contribuendo il ‘sogno atlantideo’. Al di là dell’archeologia, si tratta di un problema politico e culturale rilevante: di qui la selezione (che non si limiterà al contributo di Mauro Perra, direttore del Museo di Villanovaforru e archeologo stimato) dei dati scientifici provenienti dai monumenti e dalle aree che sarebbero state ricoperte dallo tsunami. Se ne discuta, ma senza trascendere nella mancanza di rispetto: si possono mettere in dubbio anche aspramente teorie e posizioni, ma non l’onestà intellettuale di chi conosce gli argomenti trattati e vi opera professionalmente con riconosciuta capacità. Speriamo che non siano proprio i dati scientifici a dare fastidio. Comunque, non è corretto separare lo tsunami (per Marras punto debole) dalla teoria di Frau sulla Sardegna nuragica; né dire che è Frau che ha valorizzato la civiltà nuragica togliendola dal dimenticatoio: è quanto meno poco generoso verso le ricerche degli archeologi sardi (e anche di grandi etruscologi come Massimo Pallottino), note in bibliografia e nel mondo scientifico. Barumini è patrimonio mondiale dell’umanità: per questa recente ‘valorizzazione atlantidea’ o per Giovanni Lilliu?

Programma Terzo Pianeta - Pagina 2 - Archeologia Italiana Forum scrive:
22 Marzo 2008 alle 15:06
[…] di Mauro Perra, l’archeologo che ha diretto i lavori più recenti a Barumini e Villanovaforru. Manifesto Sardo “Blog Archive” Il mare dentro i nuraghi. Spero che quanto scritto da Perra riesca a sotterrare sotto metri di detrito alluvionale l’ipotesi […]

Mauro Perra scrive:
24 Marzo 2008 alle 18:45
Ho scritto quel mio intervento sul presunto tsunami a Barumini e Villanovaforru per coloro i quali amano “capire” e non semplicemente “credere”, cioè per coloro i quali preferiscono il complesso e tortuoso procedimento che porta alla conoscenza scientifica piuttosto che il semplicistico ricorso all’atto di fede. Le prove della inesistenza di uno tsunami che abbia travolto su Nuraxi si possono già trovare negli scritti di Giovanni Lilliu sugli scavi di Barumini fin dagli anni ’40 e ’50 del Novecento, anche per chi non voglia tenere conto degli scavi più recenti.
Molto più complessa è la vicenda degli Sherden che alcuni vorrebbero identificare con gli uomini che popolarono la Sardegna dell’età del bronzo. La gran parte degli specialisti rifiuta tale identificazione e pone la sede degli Sherden nel Vicino Oriente, con insediamenti e tombe riconosciute e scavate dagli archeologi. Voglio solo ricordare che il ruolo di “protagonisti della storia” degli uomini dei nuraghi non dipende affatto dalla loro identificazione con uno dei popoli del “grande verde”. Gli archeologi hanno già da tempo evidenziato la complessità, la vastità e l’importanza dei rapporti stretti dai nuragici con le civiltà coeve del Mediterraneo. Per chi volesse approfondire le sue conoscenze su questi argomenti, consiglio la lettura delle opere di Fulvia Lo Schiavo, Paolo Bernardini, e di tanti altri archeologi sardi.

Roberto Marras scrive:
25 Marzo 2008 alle 12:42
Cari Proff. Madau e Perra,
in primo luogo sono contento che si accolga il mio appello a non scadere nel pregiudizio e nell’insulto. Le faccio notare tuttavia, Prof. Madau, che non trovo corretto “trascendere nella mancanza di rispetto” non solo nei confronti dei nomi prestigiosi dell’archeologia sarda, perché sarebbe “quanto meno poco generoso”, ma anche nei confronti di Frau, il quale, ripeto, merita certo di essere smentito da fatti e non parole spesso e volentieri oltre la soglia del civile e totalmente in contrasto con la professionalità di chi dovrebbe servirsi del metodo scientifico anziché dell’invettiva, che troppo spesso invece ho visto usare contro di lui, specie dagli archeologi sardi.
Perché, mi risponda, anziché firmare tanti appelli (e lei almeno uno l’ha firmato) contro Frau e rifiutarsi di verificarne le tesi, non organizzate un convegno in cui confrontarsi civilmente e giungere a risultati comuni e utili per tutti, specie per i Sardi e la loro storia?
Richiamarsi all’indubbio prestigio di Lilliu, che dagli anni ‘50 di posizioni ne ha mutate molte (non era lui che diceva che i nuragici non navigavano?), mi pare come minimo riduttivo.
E, Prof. Perra, mi spiace contraddirLa perché in ogni caso Le riconosco un’indiscutibile professionalità (e ci mancherebbe, chi sono io per dubitarne?), ma, forse nelle universià sarde o all’estero “il ruolo di “protagonisti della storia” degli uomini dei nuraghi” è riconosciuto, altrove non mi risulta. Frau è servito, eccome!

Roberto ha detto...

Il mio ultimo commento non mi era stato ancora pubblicato. L'ho riproposto. Vediamo.

Roberto ha detto...

Oggi ho avuto la conferma che il mio ultimo commento non lo si è voluto pubblicare, visto che è stato soppiantato da uno di tono ben diverso:

Angelo Morittu scrive:
28 Marzo 2008 alle 11:26
I nostri sono tempi tristi e oscurantisti.
Si sta affermando la moda e il vezzo di considerare la Sardegna depositaria dei misteri più affascinanti, nascosti dal complotto del silenzio ordito dalla scienza “ufficiale”.
Mi permetto però di stigmatizzare il settarismo cattedratico di Ignazio Camarda, non me ne voglia, ma la scienza ufficiale DEVE trovare il tempo di fare divulgazione di “basso-livello”, DEVE abbassarsi a parlare al pubblico, è pagata da tutti noi per diffondere la conoscenza, DEVE trovare i canali per rendere fruibili A TUTTI lo stato dell’arte.
Il mito riscoperto di atlantis sta già creando un nuovo filone letterario, cui verranno aggiunte sicuramente nuove interessanti teorie, come quella che a costruire i nuraghi siano stati i giganti, e dove potevano vivere i giganti se non in Sardegna! Pare che resti di uomini enormi siano stati ritrovati e prontamente fatti sparire dal potere costituito, evidentemente è castrante accontentarsi di sapere che a costruire le nostre fantastiche torri siano stati uomini normalissimi, e questo la dice tutta sulla nostra mancanza di autostima, per fare cose grandiose non ci vogliono grandi idee, ma semplicemente uomini grandi ormai estinti.
Saludos

Io allora ho tentato di nuovo di pubblicare il seguente ultimo commento:

Il giorno 25 marzo ho tentato di pubblicare una replica ai Proff. Madau e Perra, poi ritentata altre due volte nei giorni successivi. Ora constato definitivamente che non si è voluto pubblicarmela.
Bene.
Tale rifiuto del contraddittorio corrisponde esattamente alla vostra personalità, arrogante quanto l'ultimo intervento che invece avete accettato, di una persona che vi invita ad "abbassarvi a parlare al pubblico".
Mi sa che siete voi che vi credete i famosi giganti!
Sappiate comunque che sto pubblicando tutti i commenti, compresi i miei rifiutati, nel mio blog personale.
A mai più!

Roberto ha detto...

Nuovi interventi:

Pietro Mura scrive:
8 Aprile 2008 alle 09:31
Da semplice lettore, noto una certa mistificazione sul contenuto del libro di “Le Colonne d’Ercole - Un’inchiesta”.
A leggere le stroncature* pubblicate qui sopra, parrebbe che il libro di Frau sia il risultato della ipotesi finale (il terribile tsunami) e non, come in realtà è, che l’ipotesi-Atlantide, e quindi l’eventuale tsunami, sia il risultato di uno studio meticoloso delle fonti antiche che occupa ben oltre la metà del libro.
Stroncature, certo. Le chiamerei critiche* se si dimostrassero tali affrontando tutta la prima parte del libro, dove davvero si scava nei detriti alluvionali della storiografia, e lo si fa con serietà, non “credendo”, ma analizzando a mente libera, con curiosità e spirito critico.
E’ in quel quadro, qui del tutto trascurato e dove finalmente si rimettono i Miti mediterranei al posto che gli spetta (vale a dire, nel Mediterraneo), è in quel quadro che l’ipotesi sull’Isola di Atlante trova origine e spiegazione.
Storicamente appare lo stesso metodo (quello di partire dalle fonti antiche) che hanno adottato pressoché tutti gli storici, spesso adattandolo all’assetto politico dei tempi, ma Frau in quelle fonti ha spulciato varie contraddizioni inerenti la storia della Sardegna, che era l’oggetto del suo studio.
Mi pare che voi, qui, demolite ma non spiegate. Ad esempio, sarebbe utile sapere *quando* la malaria si è sviluppata in Sardegna; *quando* i Nuragici hanno smesso di navigare, perché che navigassero non lo nega più nessuno ormai.
Saludos

Marcello Madau scrive:
8 Aprile 2008 alle 21:22
Non si offenderà Mura se trovo sinceramente eccessivo, per qualche conoscenza sulla storia degli studi, pensare che sia stato Frau, che pure ha fatto come giornalista un lavoro sulle fonti non trascurabile, a mettere i miti mediterranei al posto che gli spetta. Per il resto, aggiungo che nessuno vuole stroncare un libro. Sono piuttosto gli scavi scientifici, le stratigrafie e la bravura degli archeologi sardi a stroncare tsunami e ipotesi atlantidea. Siamo i primi a dare voce diretta a tale realtà perchè riteniamo importante costruire un’identità, alla quale teniamo, su dati reali e non ideologici. Sui dati, alla lettera, provenienti dalla terra, proponendoli, come ha rilevato Morittu, ad un più vasto pubblico.

Roberto Marras scrive: Il tuo commento è in coda di inserimento.
9 Aprile 2008 alle 10:04
Prof. Madau,
la sua arroganza è offensiva in sé e per sé e provoca il sospetto legittimo che la mala fede sia altrettanta.
Voi "archeologi sardi" pretendete di capire la verità meglio di chiunque altro, laddove chi abbia un minimo di "conoscenza sulla storia degli studi" sa bene che i dati archeologici sono suscettibili di sin troppe interpretazioni.
L'ho già proposto in un contributo che non m'avete pubblicato: organizzate un serio confronto in cui parlino i dati e non le male lingue. Solo allora si potranno raggiungere risultati veri e si smetterà di assistere a questo meschino teatrino che sta macchiando lo scenario accademico di tutta Italia, non solo della Sardegna!!

A proposito, il mio ultimo commento non era stato pubblicato e sospetto che non sarà pubblicato nemmeno questo.

Roberto ha detto...

Ci sono degli aggiornamenti:
Leonardo Melis scrive:

27 Agosto 2008 alle 12:31
scrive mauro perra: “Molto più complessa è la vicenda degli Sherden che alcuni vorrebbero identificare con gli uomini che popolarono la Sardegna dell’età del bronzo. La gran parte degli specialisti rifiuta tale identificazione e pone la sede degli Sherden nel Vicino Oriente”

Quali studiosi? Sono ormai rimasti sono i cattedratici e archeologi sardi a negare che i SARDANA fossero Sardi eadesso anche qualche archeo rompe le fila e si schiera dall’altra parte… (Ugas pubblicamente e qualche altro in privata sede.) Studiosi di tutto il mondo hanno ormai accettato l’equazione SHARDANA=SARDI. Persino le enciclopedie (ultima l’enciclopedia storica Dea agostini) citano questa verità storica… Cosa ci guadagnano gli archeosardi a sostenere che i SHARDANA NON sono sardi? nOn riesco a capirlo, e con me migliaia di sardi. perchè SRDN che gli egizi identificano con SARDANA N.PI.IAM (shardana del mare) dovrebbero in egitto arrivare dall’ANATOLIA? non li chiamavano forse “I popoli dell’Occidente”? l’asia minore sta a Occidente daell’egitto?— “Dal grande Cerchio d’acqua”… l’asia minore è forse un mare?… “i popoli del grande Verde” … non era forse il GRANDE VERDE il mediterraneo Occ. ?
la stessa parola usata dagli egizi per identificare questi popoli NOn è forse SRDN? nella stele della CITTA DI NORA non vi è FORSE LA stessa scritta: SRDN…. ?
KUM SALUDE.
SHARD.

Marcello Madau scrive:

28 Agosto 2008 alle 19:49
Da umile studioso della questione, non capisco cosa ci guadagnerei a sostenere che i Shrdn siano stati sardi. Personalmente sono portato a pensarlo, ma ho grande rispetto per gli autorevolissimi studiosi isolani, italiani ed esteri che pensano il contrario. Basterebbe guardare i lavori di Bunnens e di Sandars (che dànno conto della forte diversità delle posizioni, a prescindere dalle proprie) e alle felici letture di Stiglitz. Ma la potenza dell’eroico passato militare sardo deve essere davvero incontenibile se un soldato della gloriosa armata mercenaria, arriva, probabilmente mediante qualche seduta spiritica, a mandarci un commento con la sua firma di coscritto.

Dario Malchittu scrive:

29 Agosto 2008 alle 10:36
La Sandars afferma l’origine anatolica dei shardana ma aggiunge (Sandars, The Sea Peoples, p. 161): the Sherden who settled on Sardinia.

quindi in effetti il problema della relzione shardana sardi, diventa più o meno questo: se vi siano arrivati, dopo il 1200 Ac oppure se fossero originari della sardegna e vi abbiano fato ritorno dopo le invasioni del 1200 A.c.

Anche il povero Melis ShardanaLeo ha subito la mia sorte di essere censurato!
Agli amici di Oricalco ho scritto questo commento:
"Sì, due noti nemici di Frau, Perra e Madau (con quest'ultimo Frau ha già avuto occasione di polemizzare ferocemente), si sono impadroniti di quel forum su "il manifesto sardo on line" e stanno tentando di screditarlo in tutti i modi, facendo finta di sostenere verità scientifiche e argomenti provati dalle auctoritates, in realtà solo gettando fumo e fango negli occhi della gente.
Anch'io, come Shardanaleo, ho tentato di replicare, ma anche a me, come a lui, hanno cancellato i post di replica (alla faccia del dialogo democratico!), che però ho pubblicato sul mio blog: http://romras.blogspot.com/2008/03/vexata-quaestio.html
Comunque, 'sti due sfigati frustrati meritano piuttosto l'indifferenza.
Tanto, chi sono?"

Roberto ha detto...

Ultimi contributi e patetico congedo:

Basilio Floris scrive:

29 Agosto 2008 alle 13:16
Che differenza fa sapere che gli Shardana sono arrivati dopo il 1200 a. C. oppure erano già presenti prima?. Gli Shardana hanno dato il nome alla Sardegna e ai sardi. Questo é inconfutabile. Io vedo che i maghrebini sostengono la ricerca archeologica anche delle civiltà precedenti l’invasione araba, così come fanno i turchi, gli slavi etc. Che problema c’è in Sardegna? Questa storia dell’identità che si trasforma in nazionalismo é soltanto una paura degli intellettuali. Alla gente non gli passa neppure nell’anticamera del cervello e dimostra ancora una volta che gli intellettuali e la gente sono due pianeti diversi. La gente ha sete di conoscere soltanto il proprio passato, ed in questo, bisogna riconoscerlo, l’archeologia ufficiale non ha fatto granché. Questo rigoglioso fiorire di studiosi non ufficiali, più o meno qualificati, delle antichità sarde lo dimostra. Essi si sono inseriti in un vistoso buco, alcuni in modo naif, ma altri sono tutt’altro che sprovveduti.
Io ritengo che all’archeologia ufficiale si debba molto e lo si debba riconoscere. Ma evidentemente il problema é un altro. I Sardi si sono stancati di studiare sui libri la storia degli altri e non la propria. Intuiscono però di avere avuto una grande storia, quando ancora Etruschi, Romani, Fenici, Greci etc manco esistevano e ritengono che l’archeologia si sia data da fare più in carriere che nel produrre conoscenza. Ci vorrebbe meno spocchia e più confronto.

Alfonso Stiglitz scrive:

30 Agosto 2008 alle 08:39
Credo che sugli Sherdana ci si debba muovere sulla conoscenza accurata dei dati scientifici, più che su proclami.
Gli studi di Bunnens e Sanders basati su nuovi approcci ci riportano a dati scientifici oggettivi e verificabili. Le ricerche hanno ampliato il quadro rendendolo ancora più articolato e allontanandolo dalla Sardegna. La stessa ceramica micenea più tarda, quella c. d. dei popoli del mare, oggi è attribuita ad ambito esclusivamente filisteo mentre le aree frequentate dagli Sherdana utilizzavano altre tipologie che non troviamo da noi. Gli scavi, sempre più numerosi, delle fortezze egiziane in area cananea, nelle quali sarebbero stati stanziati secondo le fonti gli Sherdana, presentano una cultura materiale e usi funerari diversi da quelli cananei, ma avvicinabili ad ambiti più orientali, in particolare l’Anatolia; e totalmente diversi da quelli presenti in Sardegna.
Resta il problema di capire se si debba parlare effettivamente di un popolo Sherdana o se, invece, il nome indichi in realtà una funzione, tipo “i mercenari” o “militari”.
Quanto all’ipotesi degli Sherdana come popolo esterno giunto in Sardegna si può sommessamente far notare che nessun reperto attribuibile a essi è mai stato trovato da noi; i reperti egiziani presenti appartengono ad altri ambiti culturali e cronologici. Resta il nome dell’isola, ma una assonanza non fa una prova.
Insomma, per riprendere il ragionamento di Basilio Floris, la storia degli Sherdana è storia di altri, non nostra.

Dario Malchittu scrive:

30 Agosto 2008 alle 09:22
posso chiedere, nel modo più umile possibile, come mai in questo blog i messaggi non vengono pubblicati?

Marco Ligas scrive:

30 Agosto 2008 alle 10:12
Caro Malchittu, la risposta la trova nelle ‘Norme Editoriali’

Redazione scrive:

30 Agosto 2008 alle 12:16
Chiudiamo per ora l’ampia discussione sul pezzo di Mauro Perra, con il quale ci complimentiamo per l’altissimo numero di letture, oltrechè per la qualità dell’articolo, ringraziando tutti quelli che hanno dato il loro contributo; anche quelli che si sono firmati con nomi non veri o che non abbiamo pubblicato seguendo, come detto, le norme editoriali.
La chiudiamo perchè in realtà non abbiamo lo strumento del forum, l’articolo è di molto tempo fa, il Manifesto Sardo esce con nuovi numeri e articoli ogni 15 gg, e infine perchè le posizioni sono state in questa sede sufficientemente esplicitate. Ci ripromettiamo però di intervenire ancora sul tema, essenziale a tanti livelli e in particolare - per quanto riguarda il Manifesto Sardo - per i rapporti fra cultura, immagini, identità, politica moderna e contemporanea.
Grazie ancora a tutti.

Prego, non c'è di che!

Roberto ha detto...

"Norme editoriali
Norme generali
Il Manifesto Sardo esce l’1 e il 16 di ogni mese.

Tutti i contributi, tranne casi eccezionali autorizzati dal Direttore sentita la Redazione, vanno firmati con nome e cognome. E’ misura assai gradita, nella citazione di fonti e documenti basilari, accludere l’originale degli stessi o la sua reperibilità per consentire la creazione di un link a fonti e documenti citati e accrescere il valore documentale del contributo scritto. Tali materiali basilari potranno in questo modo arricchire con vantaggio generale l’area ‘Documenti e Materiali’. Non potranno essere accettati articoli già pubblicati in altra sede, se non in uscite comuni con il quotidiano “Il Manifesto” e in casi eccezionali valutati da Direttore e Redazione, comunque con citazione degli stessi. Ogni scritto pubblicato per la prima volta sul Manifesto Sardo potrà essere pubblicato su altre sedi editoriali, a patto che vi sia l’indicazione ‘pubblicato sul Manifesto Sardo del…..’ seguito dalla citazione del sito www.manifestosardo.org.

Norme redazionali
Le lunghezze dei contributi sono fissate entro i seguenti limiti
Commenti: entro 1500 battute.
Interventi: da 1500 a 5000 battute
Articoli: entro le 6000 battute
Inchiesta: da concordare

N.B. Le battute vanno intese comprensive degli spazi.

La Redazione si riserva di non accettare commenti che non rispettino quanto indicato, che siano ripetitivi o consecutivi, che violino le norme vigenti e la correttezza fra persone. Gli Articoli sono vagliati da Direttore e Comitato di Redazione. Gli Interventi sono uno spazio al di fuori della scaletta redazionale, generalmente riservato a contributi esterni alla Redazione stessa approvati da Direttore e Comitato di Redazione."

Tutti i miei commenti non pubblicati rispettavano queste norme, però non sono stati pubblicati lo stesso!

Roberto ha detto...

Cari Signori,
accolgo l'avviso di congedo da parte Vostra, ma permettetemi di protestare per la vostra condotta.
A me e ad altri non avete pubblicato commenti che in realtà rispettavano le Vostre norme editoriali, eccome!
L'impressione è che abbiate attuato una vera censura, confermando l'idea che personaggi quali i professori a cui è stato permesso di sparare a zero su Frau e altri siano "protetti" da qualcuno e qualcosa in Sardegna.
Io comunque Vi informo che ho portato avanti il forum a modo mio sul mio blog.
E senza censure, se volete lasciare un commento sarete liberi di farlo.
http://romras.blogspot.com/2008/03/vexata-quaestio.html