Ceviche a colazione... il mio primo libro!

29 aprile 2008

I nuovi ebrei... I vili di sempre

Mi sembra più che opportuno riportare per intero il seguente articolo scritto da Moni Ovadia due anni fa, a recensire il libro di Marco Rovelli, Lager italiani:
CLANDESTINI? I NUOVI "EBREI"
I centri di permanenza temporanea. Da Lampedusa a Milano, le storie dei clandestini reclusi senza colpa. Disperazione, solitudine, diritti violati. Com’è possibile? La sconfitta di un paese civile.
L'iperbole è una delle forme retoriche preferite del linguaggio sopravvissuto alla morte apparente delle ideologie. La terminologia che definisce le modalità del totalitarismo nazista e dell'universo concentrazionario, pratica estrema e senso ultimo di quel regime, oggi viene mutuata con ridondanza da coloro che vogliono attirare l'attenzione e l'indignazione dell'opinione pubblica verso le forme della violenza, della guerra, del razzismo o della repressione contro popoli, minoranze, ceti sociali marginali. Molto spesso, l'uso di quella terminologia è sensazionalistico, ignora i contesti, le specificità e le differenze, ha il solo scopo di soddisfare il desiderio di schieramento militante a buon mercato da parte di coloro che se ne servono.
Un libro sui CPT dal titolo Lager italiani, sembrava rientrare in questa fattispecie e prima di accingermi alla lettura ho provato un moto di fastidio per la scelta di quel titolo minaccioso. La mia sensazione di disagio era del tutto immotivata. Il titolo è pienamente legittimo e corrisponde con coerenza a un'opera che ha un intrinseco valore narrativo e una rilevanza morale indiscutibile. Leggendo questi racconti straordinari e paradigmatici che danno voce e fanno emergere dall'inesistenza uomini a cui l'appellativo infamante di «clandestino» ha tolto persino le dimensioni reali dell'essere vivente, prendiamo coscienza di quanto la nostra pseudodemocrazia consumista conviva con nonchalance con l'eredità totalitaria nazifascista e capiamo in quale misura, una parte della classe politica che ci governa, sia a proprio agio con i principi concettuali che ispirarono quel sistema.
I clandestini rinchiusi nei CPT non vivono come gli internati dei lager nazisti. Se ci riferiamo alle loro condizioni strettamente materiali, la correlazione è improponibile ed è lo stesso autore a segnalarcelo nel suo acuto saggio conclusivo per non prestare il fianco a eventuali critiche capziose che mirassero strumentalmente a banalizzare l'intero discorso. Il merito non è quello delle pur ignobili condizioni della mera esistenza dei reclusi, indegne di una qualsivoglia civiltà, bensì le coordinate giuridiche e ontologiche che definiscono il clandestino e che ne legittimano la reclusione in uno spazio d'eccezione in cui viene spogliato di ogni status e di ogni diritto.
Marco Rovelli, con la forza di una narrazione che trapassa ogni possibile indifferenza o attenuazione di convenienza e con una lucida, appassionata riflessione politico-filosofica nel solco dei fondamentali studi di Hannah Arendt e di Giorgio Agamben, dimostra che i CPT sono dei lager veri e propri e che il ventre che partorisce questo obbrobrio, è il ventre pasciuto della nostra società occidentale.
Ho visitato il CPT di via Corelli a Milano a pochi mesi dalla sua istituzione come inviato del Corriere della Sera, e in quell'occasione scrissi che quei luoghi erano inaccettabili per un paese che si vuole libero e democratico. In quella circostanza, parlando nella loro lingua con alcuni dei reclusi bulgari, avevo percepito la durezza e l'iniquità della loro condizione, ma non nei termini di cui ho letto in queste pagine. L'ascesa al governo di Berlusconi e della sua coalizione, che annovera fra i suoi più «autorevoli» esponenti gli eredi del fascismo, ha portato alle estreme conseguenze il senso ultimo di ogni istituzione concentrazionaria con la compiaciuta coerenza di un'ignobile cultura nazionalista. La Bossi-Fini ha dato il la alla fascistizzazione dei CPT. Le anime belle dell'eterna retorica «italiani brava gente», i sedicenti moderati che coltivano la ferocia contro «l'altro» dietro le linde tendine del benpensantismo, non si facciano illusioni, quando questa vergogna emergerà in tutto il suo schifo, la loro infamia sarà evidente.
Dopo Auschwitz, dopo i Gulag, nessuno può essere assolto per avere girato la faccia al fine di non vedere e non sapere. Il clandestino è l'ebreo di oggi. Egli è ridotto a «sotto uomo» prima dalla sinistra cultura retorica «sicuritaria», poi da una legge fascista che lo dichiara criminale per il solo fatto di essere ciò che è, un essere umano che ha fame e cerca futuro per sé e i suoi cari e che per questo viene privato di qualsivoglia status, sottoposto alla violenza della reclusione, sottratto alle tutele minime che spettano a un essere umano per diritto di nascita. Una volta sepolto in uno spazio d'eccezione, il clandestino è alla mercè di arbitrii, percosse, torture, privazioni, abusi sessuali. Il suo «rimpatrio» lo sottopone a ulteriori brutali abusi e talora al rischio reale di perdere la vita nel modo più atroce.
L'abolizione immediata dei CPT, la ricerca di soluzioni autenticamente democratiche per il problema dei migranti, deve diventare una priorità politica e umana. È urgente denunciare il carattere totalitario di questa vergognosa istituzione e smascherare i politici che fanno i pellegrinaggi della Memoria per rendere omaggio alle vittime della Shoà, calcando gli zucchetti dell'ipocrisia per rifarsi l'immagine, mentre a casa praticano e difendono la logica dei carnefici.

MONI OVADIA -l'Unità, 9/6/06
Moni Ovadia, al giorno d'oggi, è indubbiamente uno degli intellettuali italiani di maggior valore, lucidità e lungimiranza, perché dotato di una vastissima cultura transnazionale, nonché soprattutto di un'entusiasta e appassionata umanità.
Due anni fa, purtroppo, è stato profetico.
Non solo Berlusconi e la sua banda bassotti sono tornati al potere grazie a una campagna demagogica razzista e fascistoide basata sul "dagli all'immigrato!!" - laddove abbiamo già chiarito nei post precedenti come "l'insicurezza" che sarebbe provocata dagli immigrati in realtà è una conseguenza logica della demolizione della magistratura operata proprio dal nostro (malgrado) ri-premier e dalla legge Boss-Fini - ma anche Roma torna ad avere un sindaco fascista con tanto di croce celtica al collo, il quale ha dichiarato ieri che oggi, la prima cosa che farà, sarà quella di visitare il vedovo Reggiani e di operare subito un giro di vite nei confronti della criminalità degli immigrati.
Contemporaneamente, sedicenti luminari della medicina - vi ricordate i famosi scienziati italiani razzisti? Temo di no. Eppure anche Benigni li ha presi per il culo, in un recente film di grande successo... - appaiono in televisione a sostenere che gli immigrati portano malattie, ecc. ecc.
Insomma, caro Moni, sei stato sin troppo profetico, purtroppo sono costretto a ripeterlo.
La verità è sempre la stessa, ma non la si vuole mai imparare, nonostante lo studio (ma quale studio??!!) della storia.
Una classe dirigente corrotta e indecente porta il paese alla crisi.
Ovviamente non si assume le proprie responsabilità, se no non sarebbe indecente, appunto.
Preferisce inasprire alle estreme conseguenze l'opinione pubblica, ignorante e vile, nei confronti della categoria più debole e vulnerabile della società.
Il famoso capro espiatorio.
In passato gli ebrei - oggi non tanto più deboli, perché a proteggerli c'è Israele potenza atomica e baluardo dell'Occidente USA nelle terre del petrolio - oggi gli immigrati dai paesi "poveri" (cioè impoveriti dal neocolonialismo!), i cui governi non possono e/o non vogliono difendere più di tanto i loro cittadini, anzi, spesso sono ben contenti di liberarsi in un modo o nell'altro di queste masse di disperati. Com'è già accaduto, peraltro, anche per gli emigrati italiani in passato, ma la nostra memoria storica è davvero scadente.
D'ora in poi sarò feroce nell'assegnare i voti di storia e mi rifiiuterò dichiaratamente di "celebrare" tutti gli ipocriti giorni della memoria.
Per me, ogni giorno sarà giorno della memoria!!!!

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